I primi arrivi
Alla fine è arrivata. La carovana di migranti, partita dall’Honduras lo scorso ottobre, sta raggiungendo gli Stati Uniti. Al momento sono poche centinaia, ma nei prossimi giorni si prevede l’arrivo di oltre 4000 persone.
I primi arrivati fanno soprattutto parte della comunità LGBT, persone in fuga da discriminazioni e violenza.
Testimonianze riportano come anche all’interno della carovana ci siano stati episodi di omofobia, tanto che associazioni messicane e statunitensi hanno organizzato trasporti su treni o pullman per evitare che la situazione degenerasse.
Oltre a questa carovana, non bisogna dimenticarsi delle migliaia di migranti che, da mesi, attendono al confine una risposta alla domanda di asilo.
Le cifre della carovana di migranti
Il numero totale di migranti si attesta fra 5.000 e 7.000. La maggior parte di questi provengono da El Salvador e Honduras, paesi con elevatissimi tassi di violenza e criminalità. In fuga ci sono soprattutto donne e bambini, alla ricerca di un futuro migliore.
La maggior parte dei profughi sta completando la traversata del Messico. 1.200 honduregni sono ospitati, a spese del governo, nella capitale messicana, all’interno di uno stadio da calcio. 2.000 salvadoregni stanno invece per arrivare a Puebla, nella parte meridionale del paese.
Infine, altri 1.800 migranti sono sparsi per varie regioni messicane.
Questi dati, che oltre a dare un’idea della difficoltà di fornire stime definitive, testimoniano lo stato di crisi in cui riversa gran parte del Sud America. Non vanno infatti dimenticate la situazione venezuelana e nemmeno quella in Brasile.
Le risposte della politica
Messico e Stati Uniti hanno scelto due strategie diverse.
Il primo ha optato per l’accoglienza e aiuto, con il ministro dell’Interno Navarrete che ha promesso 10.000 posti di lavoro a tempo determinato. Tutto pur di evitare un’escalation al confine con gli USA.
È stato anche inaugurato un piano di aiuti umanitari, con donazioni da privati cittadini e associazioni. Gli aiuti comprendono vestiti, cibo e distribuzione di farmaci. Tuttavia, a causa delle dimensioni del fenomeno, è difficile fornire assistenza sufficiente per tutti.
Dall’altra parte del muro, Trump ha messo subito le cose in chiaro.
Ha più volte definito la carovana di migranti come “un’invasione” oppure “un’emergenza nazionale”, schierando quasi 8.000 militari al confine.
In aggiunta, ha minacciato i governi dei paesi di origine della carovana di tagliare gli aiuti economici.
Durante i comizi per le elezioni di metà mandato, non ha risparmiato toni discriminatori e populisti.
“Questa è un’invasione del nostro paese e il nostro esercito vi aspetta. Molti membri di gang e molte persone cattive sono mescolate alla carovana”
“le donne non vogliono i migranti in America, ma strade sicure”.
La situazione è in costante aggiornamento, con i residenti di Tijuana che stanno protestando contro la presenza della carovana nella loro città.
A meno di improbabili retromarce da parte di Trump, migliaia di persone si ritroveranno ammassate contro il muro americano. Infatti, da parte dei profughi in marcia, non sembra ci sia alcuna volontà di tornare indietro.
I prossimi giorni ci diranno se la disperazione è più forte della paura.