Carmelo Bene contro il cinema: masterclass per i cinefili

Fonte: repubblica.it

Un’intervista delle migliori, degna dei brani della Vita redatta da Giancarlo Dotto in un dialogo tra non-esistenti: Carmelo Bene tratta del cinema come deposito e spazzatura di tutte le arti e i fallimenti del Novecento.

Lui, che è ispiratore costante di cinefili e cineasti underground, ha assaggiato la forza e la debolezza della settima arte <<che arte non è>>.  Cinema come rappresentazione, peggioramento del teatro e scimmiottamento della pittura. Nessuna energia sospesa, quindi, per il nostro: l’immagine resta volgare e funebre, morta e riesumata come mummia al museo per celebrare i Lumiére.

Il teatro di Bene è orale, cerca la dimenticanza e l’oblio, rifiuta la causa e l’effetto che muove un’azione: ricercato è semmai l’atto, l’istante di perdizione della volontà, il solfeggio puro dei gesti, delle parole, dei significanti.

La messa in scena è roba di facchini. Non si esce dal reale né dal sociale nel cinema. Se già la rappresentazione è sempre “di Stato” perché sorretta da codici consolidati, espressioni di potere e di dialettica, il cinema nasconde dietro la sua apparente varietà la ripetizione assidua. Ripetizione però che non è differenza come scivolo per entrare in qualcosa di altro da sé, si badi bene.



L’India facile, conosciuta nel Sessantotto dalla cultura occidentale, non punta alla distruzione del principium individuationis: si è sempre piccoli, con il proprio Io meschino, confinati nel ruolo sociale prestabilito. Come aveva detto altrove, la voce nuda non ha statura, non ci porta nella pura phoné.

Così come la pellicola, l’immagine non sfonda mai, non vuole disfarsi del suo corpo consueto, non riesce a ballare il Ballo di San Vito. L’unico linguaggio possibile per Bene è quello degli invasati, degli stranieri nella propria lingua.

Lui dice di non aver mai visto un film: è un errore credergli visto che queste critiche sono così azzeccate che solo un intenditore sarebbe capace di farle. Si spera con queste parole in un cinema nuovo, lontano dal Potere e dal Comune. Più che farsi scoraggiare, i giovani cineasti dovrebbero essere fomentati e raccogliere la sfida di Bene e delle sue parole.

Antonio Canzoniere

 

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