Carl Gustav Jung: l’uomo e i suoi simboli

Pitture rupestri: la sacralità della pietra e dell'animale

L’uomo e i suoi simboli (1967) è una raccolta di saggi che contiene l’ultimo scritto di C.G. Jung (1875-1961). È anche l’unica opera junghiana a carattere apertamente divulgativo. Oltre al contributo d’apertura, firmato da Jung stesso, ne comprende altri, dalla penna dei suoi più stretti collaboratori. Noi citiamo dall’edizione TEADUE (Milano, 1991).

oracolo di delfi
L’oracolo di Delfi (V. sec. a.C.)

In Introduzione all’inconscio, Jung illustra il linguaggio dei sogni e l’importanza del simbolo in esso.

 

 

 

 

 

“…una parola o un’immagine è simbolica quando implica qualcosa che sta al di là del suo significato ovvio e immediato.” (Op. cit., p. 5)

 

È pertanto impossibile pretendere di dare a un simbolo (croce, ruota, doppia ascia, ecc.) un senso univoco. Il linguaggio simbolico è però un meccanismo costante della mente umana. In questo, consiste la sua universalità. La sua capacità di andare oltre la razionalità ne fa, poi, la “lingua madre” dei sogni notturni.

 




Joseph L. Henderson ha curato Miti antichi e uomo moderno. Esso illustra simboli di origine lontana nel tempo, ma rimasti presenti nella mente dei suoi contemporanei  – e inconsapevolmente influenti sulla loro psiche. Alcuni simboli che compaiono nei sogni

 

“derivano da ciò che il dottor Jung ha definito «l’inconscio collettivo» – cioè quella parte della psiche che trattiene e trasmette l’eredità psicologica comune all’intero genere umano. […] Il paziente deve essere possibilmente liberato dall’ingombro dei simboli che siano diventati decrepiti e inadeguati, oppure deve essere assistito a scoprire il persistente valore di qualche antico simbolo che, lungi dall’essersi esaurito, anela ad essere fatto rivivere in forma moderna. […] In tempo di guerra, per esempio, si registra un accresciuto interesse per le opere di Omero, di Shakespeare o di Tolstoj […] A Natale noi possiamo esprimere il nostro sentimento interiore per la nascita mitologica di un fanciullo semidivino anche se non crediamo nella dottrina della verginità della madre di Cristo o non possediamo alcuna fede religiosa cosciente. Senza saperlo, ci siamo imbattuti nel simbolismo della rinascita. Si tratta della sopravvivenza di un’antichissima festa solstiziale, recante la speranza che le terre intristite dall’inverno dell’emisfero settentrionale tornino a rinnovarsi.” (pp. 92-93)

 

Tra i simboli antichi esaminati da Henderson, vi sono: l’eroe; l’iniziazione; la Bella e la Bestia; Orfeo e il Figlio dell’Uomo.

 

Marie-Louise von Franz tratta invece Il processo di individuazione: ovvero, lo schema secondo il quale i sogni si presentano. Esso permette di seguire le tappe di maturazione esistenziale di una persona.

 

“Dal momento che lo sviluppo psichico non può essere determinato da un consapevole atto di volontà, ma si verifica del tutto involontariamente e naturalmente, esso viene di frequente simboleggiato in sogno dall’immagine dell’albero, il cui sviluppo lento, involontario e poderoso si adegua e risponde a un preciso schema.

            Il centro organizzativo, da cui dipende l’effetto regolarizzatore, è una specie di «atomo nucleare» del nostro sistema psichico. […] Jung chiama tale centro «sé» e lo descrive come costituente la totalità della vita psichica, per distinguerlo dall’«ego», che comprende solo una parte ridotta della psiche totale.” (p. 146)

 

Aniela Jaffé si occupa de Il simbolismo nelle arti figurative. In esse, ricorrono l’animale, la pietra e il cerchio. La prima (sacra fin dalla Preistoria) reca forme e colori indicanti il “lavoro di una mano non umana”. Il secondo indica una forza primitiva, istintiva e maestosa; oltre che sulla pietra (ancora una volta), viene rappresentato tramite la danza e la maschera. In questo modo, detta forza può essere incarnata e risvegliata. Il cerchio è invece un simbolo del Sé, ovvero della totalità della vita psichica.

 

Jaffé, poi, raduna sotto l’etichetta di “pittura moderna” numerose e diverse correnti (cubismo, fauvismo, metafisica, espressionismo, futurismo, orfismo, astrattismo…) accomunate, a suo vedere, da un linguaggio capace di

 

“esprimere le proprie visioni interiori, individuare il fondo spirituale della vita” (p. 238)

 

E questo al di là non solo delle rappresentazioni figurative, ma dell’individualità stessa.

 

Jolande Jacobi mostra i Simboli in un’analisi individuale. Illustrando i sogni d’un giovane, detto Henry, ne mostra la sua progressiva crescita personale. Essa viene espressa da figure divenute “universali” nelle religioni e nelle arti: l’asceta, la prostituta, la città sulla montagna, la grotta… Fino a scoprire un legame fra i sogni di Henry e il linguaggio della divinazione cinese.

 

La Conclusione è affidata a Marie-Louise von Franz.

 

“…quella che potrebbe a prima vista sembrare al lettore una certa indeterminatezza delle sue [di Jung] idee, è invece una caratteristica che deriva da questo atteggiamento di modestia scientifica – un atteggiamento che non esclude (con pseudospiegazioni, o ultrasemplificazioni avventate e superficiali) la possibilità di nuove scoperte, ma che rispetta la complessità del fenomeno della vita. […] Le idee creative, secondo me, rivelano il loro valore per il fatto che, come chiavi, servono a «dissuggellare» connessioni di fatti prima incomprensibili, e consentono quindi all’uomo di penetrare più a fondo nel mistero della vita.” (pp. 316-317)

 

Erica Gazzoldi

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