Visto che l’argomento è delicato mettiamo le mani avanti, lo studio pubblicato su Science Signaling non annuncia la scoperta di una cura per questo raro ma terribile tumore maligno. Annuncia però una scoperta che suggerisce un possibile futuro approccio terapeutico, una freccia in una faretra attualmente essenzialmente vuota.
Il carcinoma adrenocorticale
Il carcinoma adrenocorticale è un tumore delle ghiandole surrenali. Si tratta di un tumore per fortuna raro ma molto aggressivo, scarsamente rispondente alla chemioterapia e che spara facilmente metastasi che vanno a colpire organi lontani come il fegato e i polmoni ma anche le ossa. Inoltre spesso viene diagnosticato tardi, quando compaiono i sintomi legati a una eccessiva produzione di alcuni ormoni come il cortisolo e l’aldosterone. I sintomi di una sovrapproduzione di cortisolo comprendono obesità e soprattutto anomali accumuli di grasso, sul volto e in una specie di gobba sulla schiena. Mentre quelli relativi a un eccesso di aldosterone sono simili a quelli di carenza di potassio: spossatezza, crampi e aumento della sete.
La scoperta
Lo studio firmato da numerosi ricercatori di diverse università e istituzioni europee (francesi e tedesche soprattutto) ha scoperto che una particolare proteina chiamata VAV2 è essenziale per le funzioni biochimiche del tumore e che l’abbondanza di questa proteina è un indice direttamente correlato a prognosi più severa. L’ipotesi fatta dai ricercatori è la seguente: visto che il carcinoma adrenocorticale è così poco rispondente alla chemioterapia e che questa proteina VAV2 può essere mirata con farmaci, non potremmo considerare di mirare non direttamente contro il tumore ma affamarlo togliendogli questa proteina per lui essenziale? Se vi state chiedendo: ma se questa proteina la produce in condizioni normali il nostro corpo una funzione ce l’avrà, sarà saggio bloccarla? Vi ricordo quanto scritto sopra, si tratta di un carcinoma molto aggressivo che nella fase avanzata uccide in pochi mesi, contro cui attualmente abbiamo scarsissimi approcci terapeutici.
Roberto Todini