“È essenziale garantire condizioni di vita decorose, altrimenti le carceri diventano polveriere di rabbia, anziché luoghi di ricupero”: con queste nette parole il Santo Padre ha stigmatizzato le condizioni delle carceri italiane. “Il sovraffollamento è un problema grave, che accresce in tutti un senso di debolezza e di sfinimento”, ha aggiunto. Nel corso dell’udienza con la polizia penitenziaria il pontefice ha ribadito che la pena non deve compromettere la speranza, ma siano anzi garantite “prospettive di riconciliazione e reinserimento”.
Fermo anche sul fine pena mai, Francesco non ha usato mezzi termini: “L’ergastolo non è la soluzione dei problemi, ma un problema da risolvere; mai privare del diritto di ricominciare”. Il Papa si è poi rivolto ai cappellani, ai volontari e ai religiosi che ogni giorno operano nelle carceri italiane, invitandoli a riconoscersi “prima di tutto bisognosi di perdono: allora, da perdonati, si diventa testimoni credibili del perdono di Dio”, ha detto loro. Ha infine invitato i detenuti a “non soffocare mai la fiammella della speranza”.
Oltre 10.000 detenuti in più: il tasso di sovraffollamento sfiora il 120%
In base ai dati diffusi dall’associazione Antigone, al 30 giugno scorso i detenuti presenti nelle carceri italiane erano 60.522 rispetto ai 50.496 posti disponibili: oltre 10.000 in più. Molti istituti vertono in condizioni fatiscenti, che vanno dalla mancanza di acqua calda, illuminazione e riscaldamento alle dimensioni delle celle spesso inferiori ai 3 mq, cui si somma l’elevatissimo tasso di suicidi (quasi 70 solo nello scorso anno). Il sindacato della polizia penitenziaria ha denunciato una situazione sanitaria intollerabile, che mette a rischio anche il personale: almeno due detenuti su tre sono malati e fra le patologie più frequenti ci sono proprio quelle infettive, che colpiscono il 48% delle presenze, seguite dai disturbi psichiatrici.
Dalla sentenza Torreggiani nel 2013, con cui l’Italia era stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per via dei trattamenti inumani e degradanti connessi appunto al sovraffollamento carcerario, si era registrato un calo delle presenze. Una tendenza che si è però invertita a partire dal 2016 a causa, sembra, di un allungamento delle pene, fino agli inaccettabili numeri attuali che vedono il tasso di sovraffollamento al 119,8%, il più alto dell’area UE, sempre secondo Antigone. Eppure i reati, anziché aumentare, sono diminuiti, anche in misura maggiore rispetto alla media europea, mentre andava crescendo il numero dei detenuti, dapprima dell’1% annuo, poi fino al 7,5% negli ultimi due, quando l’Italia è divenuta il primo Paese per incremento della popolazione ristretta.
Pene più alte della media europea e scarso ricorso alle misure alternative, che costano meno e scoraggiano la recidiva
Il 35% dei detenuti si trova in carcere per violazione della legge sulle droghe, a causa di una legislazione che, come più volte sottolineato dalle associazioni di volontariato, finisce spesso col trasferire negli istituti penitenziari problematiche di consumo che spetterebbe risolvere a quelli sanitari. Le pene sono più alte della media europea, nonostante la diffusa percezione contraria: ben il 4,4% dei condannati sconta l’ergastolo, e il 27% ha una pena compresa tra i 3 e i 5 anni. Ma il dato più sconcertante è quello di chi attende una condanna definitiva, ovvero innocente fino al termine del procedimento, che è pari al 34,5% in un Paese che ogni anno paga milioni di euro di risarcimenti per ingiusta detenzione.
Una situazione imputabile largamente allo scarso ricorso alle pene alternative, a fronte di un tasso di recidiva fra i più alti d’Europa per chi sconta la pena in prigione, stimato fra il 68 e il 78%. Tra gli affidati alle misure alternative, i cui costi per l’erario sono peraltro notevolmente più bassi, torna invece a delinquere il 19%: segno che carceri-tortura, piagate dal sovraffollamento, producono criminalità anziché ridurla, mentre i trattamenti rispettosi della dignità umana conducono ad un effettivo reinserimento sociale. C’è dunque da augurarsi che il nuovo governo faccia tesoro delle parole del Santo Padre, e prenda con la massima serietà le questioni che chiamano in causa i diritti umani fondamentali dei detenuti e il rispetto delle funzioni svolte dal personale e dai volontari del sistema penitenziario.
Camillo Maffia