Il Paese in mano ai capricci di Beppe Grillo

capricci di beppe grillo

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Adesso fa lo stabilizzatore. Prima aveva promesso di farsi la parte. Poi tornerà a minacciare di staccare la spina: tutti i capricci di Beppe Grillo.

Sembrano lontani i giorni di agosto in cui tutti noi, complice appunto la vacuità dei telegiornali quando fuori ci sono 37°C, ci siamo appassionati alla politica. Sotto l’ombrellone, parlavamo solo di crisi di governo e del suo paladino, Matteo Salvini, del colpo di reni di Conte e della sua strigliata in Senato, di Renzi, di ipotesi esotiche e ammalianti come il governo giallorosso. Poi è arrivato l’autunno, ognuno è tornato alle sue occupazioni e abbiamo lasciato il Paese in mano all’asse Di Maio – Zingaretti, benedetto dalla personalità ritrovata del premier Giuseppe Conte.

Un governo con una vita non proprio facile, per il momento economico e per la legge di bilancio, per i malumori interni (per citarne una: l’ossessione antirenziana che anima il Partito Democratico), per l’incapacità di evolvere del Movimento 5 Stelle e per quel supino sottostare di tutti agli umori e ai capricci di Beppe Grillo.



Chi ci capisce è bravo

Diciamoci la verità: la strategia del governo giallorosso sembra ogni giorno più improvvisata, senza una linea, una coerenza, un punto di incontro. Certo, in questo momento andare d’accordo con il PD non è difficile, visto che una vera e propria linea non sembra averla nemmeno il partito stesso. In uno slancio di intraprendenza, Zingaretti una decina di giorni fa aveva rilanciato lo ius soli, ma è bastato un “Sono sconcertato” di Luigi di Maio, perché gli idealismi di sinistra venissero velocemente meno. Dal canto suo, invece, il nostro ministro degli Esteri (perché vi ricordate che Di Maio è ministro degli Esteri, vero?) non ha speso una parola nelle ultime settimane sul suo dicastero. Mai. Solo 5Stelle, Ilva, PD, elezioni.

L’intervento Salva-Di Maio





Il vero ago della bilancia sembra invece essere l‘umore di Beppe Grillo che, grazie alla debolezza politica intrinseca del M5S, gioca a concedere nullaosta all’azione del governo. Il governo, quindi, andrà avanti perché lo ha detto Grillo. Di settimana in settimana, un atto di approvazione, o quantomeno di tolleranza, promana nuovamente dall’ex comico e Giuseppe Conte tira un sospiro di sollievo. Anche Di Maio, da parte sua, accetta supinamente l’intervento di Grillo che lo legittima al di là dell’isolamento politico in cui si trova rispetto ai parlamentari 5 Stelle e ad alcuni ministri, tra cui ad esempio Bonafede. Anzi, forse proprio a causa di questo isolamento Grillo, che aveva promesso di farsi da parte dopo la benedizione estiva concessa all’esecutivo giallorosso, si è “visto costretto” nuovamente a intervenire. Nessuno riconosce più il ruolo di Di Maio ed è necessario l’intervento provvidenziale di Grillo per placare le ire dei deputati e dei senatori.

Di Maio capo politico? Ehm.





Nella gita romana di qualche giorno fa, Grillo ha lanciato un messaggio chiaro: “Basta rimpianti sulla Lega, ora lavoriamo con il Pd”. Il destinatario sembrava la stampa, ma in realtà era Di Maio, che sembra essersi trovato meglio con il passionale Salvini, nonostante le continue litigate, rispetto a una moglie noiosa come Zingaretti, con cui vive da separato in casa.

Di Maio è capo politico del Movimento ma non parla. Dell’operazione di pace con il Pd se ne occupa Grillo personalmente che rilancia la proposta del nuovo contratto di governo “a partire da gennaio”, con “progetti di alto livello” sui temi del clima, del salario minimo, del reddito universale, dell’intelligenza artificiale, dell’energia e delle infrastrutture.

Un Movimento che ha fatto dell’immaturità la sua bandiera

A partire da gennaio, dunque, senza dimenticare quelle elezioni regionali in Emilia Romagna, su cui il Movimento, come spesso fa per opportunità politica, non sembra voler prendere posizione. Di Maio chiama in causa lo statuto, che vieta di sostenere il candidato di un partito. Ancora una volta il pubblico applaude alla vittoria della non-politica, al situazionismo falsamente moderno, lontano anni luce dai valori liberali. Il Movimento, se inizialmente ha commesso grossolani errori e gaffe ascrivibili all’inesperienza politica, non è mai cresciuto né maturato e ora si ritrova con un gruppo di persone allo sbando, senza un’identità, guidate da un capo politico fantoccio come Di Maio, sapientemente manovrato dall’istrionico burattinaio Grillo.

L’assordante silenzio del Pd

E il Pd? Non pervenuto. Il Pd è una moglie cornuta e silenziosa, abituata a inghiottire bocconi avvelenati e a far buon viso a cattivo gioco, giustificandolo sempre con “Il bene del Paese”, come quando si rimanda un divorzio per “il bene dei figli”. Nel Pd ci si stupisce, con una Serracchiani che afferma “Mi sembra per assurdo che ora Grillo sia lo stabilizzatore“.  “Penso che sia ormai troppo tardi per aprire a qualsiasi tipo di alleanza”, chiude Maria Edera Spadoni, vicepresidente della Camera, sul capito Emilia Romagna, ma, evidentemente, anche su qualsiasi altra cosa.

“Quando lo dico io”

Escogitando tattiche giorno per giorno pur di conservare poltrone e dividendi (non dimentichiamo i lucrosi profitti della Casaleggio Associati), Grillo sta portando a compimento la nobile strategia dell’“Addà passà a nuttata”. Non è né il primo né l’ultimo, sia chiaro. Il fatto che però la politica e il governo vadano avanti perché così ha detto Grillo è l’umiliazione della democrazia parlamentare. Per arrivare dove e a cosa? Non si è capito. Per masochismo? Troppo semplice. Per protagonismo? Forse. Ma più che altro per tirare a campare. Il momento in cui staccare la spina lo deciderà l’ex comico, ça va sans dire. Per sua convenienza, eh. Non per il bene del Paese, che tra viadotti che crollano e città che si allagano, guarda sempre più ai capricci di Beppe Grillo.

Elisa Ghidini

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