Il capodanno cinese 2020 oltre la muraglia.
Gennaio, si sa, è il mese dei buoni propositi e dei nuovi inizi. Almeno nelle prime 24 ore del nuovo anno. Brindisi e festeggiamenti destano poi il torpore del “brillo parlante” insito in ognuno di noi, e il gatto e la volpe diventano i nostri migliori amici. Tuttavia, per i bene intenzionati e quelli per cui i primi giorni sono stati solo una prova, ecco la seconda occasione: il capodanno cinese.
Grazie infatti al melting pot delle culture che caratterizza sempre più la nostra realtà quotidiana, il 25 gennaio parte l’edizione dell’happy new year made in China. E nonostante la recente epidemia che sta colpendo il Sol Levante (e non solo), c’è da scommettere che lo show andrà in scena, variopinto ed eccentrico anche più del solito.
Paragonabile alle festività natalizie dei paesi occidentali, il capodanno cinese, conosciuto anche come festa di primavera o capodanno lunare, è la festa più importante dell’anno nella tradizione cinese.
Corrisponde al primo giorno del calendario lunare e la data è diversa ogni anno, ma sempre compresa tra il 21 gennaio e il 20 febbraio. Il periodo di festa dura 16 giorni, dalla vigilia di Capodanno fino alla Festa delle Lanterne. 7 giorni di vacanza in cui le famiglie si riuniscono per il tradizionale cenone, fanno offerte a divinità e antenati, pregano buddha.
Riti e superstizioni caratterizzano la festa, il cui andamento, in Cina come nel resto del mondo, si crede influenzerà i restanti 365 (il 2020 è bisestile) giorni. Vietato quindi lavarsi i capelli e lavare i vestiti (per evitare di lavare via la buona sorte), bandite le zuppe, associate alla povertà, e proibito pronunciare parole sfortunate. Per prepararsi invece alla festa, indispensabile pulire la casa dallo sporco dell’anno passato, per fare posto alla felicità e alla buona sorte che si auspica arrivino nel nuovo anno.
Ad un mese di distanza esatto dalle celebrazioni del nostro Natale, il Sol Levante entra nell’anno del topo.
Leader, pionieri e conquistatori i tratti distintivi degli appartenenti al segno. Oriente e occidente si fondono, come lo ying e lo yang. E per tornare a capodanno non serve prendere un aereo. Tutti invitati in via Paolo Sarpi a Milano, nessuno escluso.
Nella chinatown meneghina tutto si tinge di rosso, il colore propiziatorio per eccellenza. E se l’appuntamento più atteso della festa è l’eccentrica parata dietro il grande dragone, l’anima dei festeggiamenti è nei piccoli particolari.
Le strade prendono vita, i portoni si addobbano con le lanterne, le piazze e alcuni teatri della città diventano spunti, per conoscere ed avvicinarsi agli usi e costumi della tradizione cinese.
Non una semplice festa dunque, ma un inno alla cultura. Non solo una parata, ma una dimostrazione concreta di intraprendenza e tolleranza. Un esempio. Un ponte che abbatte la grande muraglia, e riunisce le bacchette cinesi e i cannoli siciliani, non solo in Paolo Sarpi.
La comunità cinese respira aria di casa anche in Piazza Duomo e in Via della Spiga.
Gadget e lanterne fanno spazio alle t-shirt con Topo Gigio di Alberta Ferretti e a quelle firmate Etro, dedicate al topolino Jerry. Gucci sceglie invece Mickey Mouse come protagonista dei suoi outfit. E in Rinascente le vetrine diventano scenari fiabeschi in cui è possibile incontrare dragoni e fenici.
Nessuno stereotipo, dunque, nessun giudizio. La teoria si trasforma in pratica, perchè integrazione fa rima con interazione. Gli altri esistono e sono diversi da noi. Capirlo e accettarlo è il punto di partenza per cogliere le differenze, trasformarle in occasioni di crescita, e unirsi alla grande festa del capodanno cinese.
Emma Calvelli