Abbiamo idee nuove, progetti innovativi e creatività, ma non siamo pronti a riconoscere (e pagare!) il valore del nostro capitale umano.
Il capitale umano. Valorizzare il capitale umano. Sappiamo cosa voglia dire? Probabilmente no, come attesta lo Human Capital Index, la classifica sulla valorizzazione del capitale umano redatta anche quest’anno dal World Economic Forum.
La realtà fotografata è a dir poco impietosa per il nostro Paese, sotto diversi punti di vista.
Il primo riguarda la partecipazione dei giovani alla forza lavoro, voce per la quale siamo al 123esimo posto su 130, e per la disoccupazione giovanile, che ci rende fanalino di coda internazionale occupando la posizione 122 (sempre su 130).
“Dati triti e ritriti, situazioni risapute, criticità note”, mi risponderete voi.
E infatti non finisce qui, perché il World Economic Forum si è preso la briga di andare ancora più a fondo.
Uno dei dati peggiori? Le aziende italiane non investono nella valorizzazione del capitale umano. Nella classifica mondiale l’Italia viene dopo non solo le più avanzate economie del pianeta, ma dopo anche alcuni mercati più in via di sviluppo.
In termini di valorizzazione del capitale umano Paesi virtuosi (che occupano le prime dieci posizioni) sono Finlandia, Norvegia, Svizzera, Giappone, Svezia, Nuova Zelanda, Danimarca, Olanda, Canada e Belgio. In ambito europeo la Germania occupa l’11esimo posto, la Francia il 17esimo è il Regno Unito il 19esimo.
E poi c’è l’Italia, esclamerete voi.
E invece no, perché meglio di noi fanno anche Ungheria, Cipro e Polonia.
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Il tema della valorizzazione del capitale umano va poi a braccetto con l’attività di formazione sul lavoro, altro aspetto per il quale siamo uno dei peggiori Paesi al mondo.
Cosa vuol dire tutto questo?
Vuol dire che, come al solito, abbiamo tanto ma non lo sappiamo sfruttare. Abbiamo idee, creatività, coraggio, preparazione, ma forse non abbiamo ancora capito come poter ottimizzare e valorizzare tutto questo bel popò di roba.
Continuiamo a sottopagare i professionisti (quando li paghiamo), pretendiamo idee nuove, progetti innovativi e creatività, ma non siamo pronti a riconoscerne il valore. Questo l’oggetto anche della ennesima campagna per garantire un equo compenso alle professioni intellettuali, con l’hashtag #leideesipagano.
Ma forse anche queste sono parole che cadono nel vuoto. Tanto è sempre colpa degli altri, della crisi, del governo. I nostri talenti più brillanti lasciano il Paese, chi resta perde ogni slancio vitale, e intanto noi continuiamo a perderci nei più vuoti bla bla bla.
Annachiara Cagnazzo