Capire gli italiani attraverso il “bello”

Capire gli italiani? Se si vuole davvero farlo, bisogna cominciare dalla location, come dice chi non parla l’inglese.

Bastano due occhiate al mappamondo per intuire che l’Italia è un posto speciale. Un primo sguardo, per accorgersi che il Mediterraneo è il cuore del Mondo Antico; lo snodo che articola tre continenti. Un secondo per notare la lunga penisola a forma di stivale che taglia quel mare in due. Facendo da ponte tra il Nord Africa e il centro dell’Europa. Sfiorando i Balcani. Intercettando qualunque traffico parta dal Medio Oriente.
Un luogo perfetto per una base logistica, direbbero ancora quelli della “location”. Gli italiani del passato lo hanno capito e si sono comportati di conseguenza. Non hanno alzato muri. Hanno accolto merci, mercanti e idee. Sono sempre rimasti aperti e proprio per questo l’Italia è stata, per quasi tutta la sua storia, il paese più prospero dell’Occidente.
I secoli bui? Levato il periodo delle guerre gotiche, in Italia ha fatto solo scuro. Nel resto d’Europa erano tenebre fitte. In più, grazie a tutte quelle influenze, gli italiani hanno imparato a fare cose belle. Da sempre. Dal Neolitico, perlomeno. E, dai tempi degli Etruschi, hanno costruito città bellissime. Sono le loro accademie e le frequentano dalla nascita. Per questo, accada quel che accada, continueranno a produrre bellezza. Non perché appartenga al loro DNA. Non perché siano “sensibili”. I talenti e le vocazioni sorgono ovunque. Un ragazzo italiano interessato a linee e forme, però, anche nella più piccola città di provincia dispone di un intero repertorio di curve e superfici; di ritmi e armonie. Cresce dentro il bello ed è inevitabile che il bello gli esca dalla punta della matita. Il vecchio Lukacs diceva che gli umani anelano alla bellezza. Una sete che gli italiani saranno pronti a soddisfare anche domani. Perché sanno disegnare e, soprattutto, fare. Hanno mestiere. Vero mestiere. Condensato di millenni di esperienze.
Capire gli italiani apollo e dafne www.ultimavoce.itMostro sempre questa statua: Apollo e Dafne. Forse Bernini l’ha concepita in un istante, folgorato da un’intuizione. Quelle foglie tanto sottili, però, scolpite nel marmo così duro e fragile, nascono da un modo di analizzare i problemi e semplificarne le soluzioni che sta al cuore di qualsiasi tecnica. Se sai fare quelle, puoi fare qualunque cosa. Anche i robot e le macchine utensili di cui gli italiani resteranno tra i massimi produttori anche domani. In un futuro che li inquieta ma che non dovrebbe spaventarli. Perché il mondo potrà mettersi a girare al contrario, ma resteranno italiani. Litigiosi. Irascibili. Sempre impegnati a sminuirsi.
Tra un occhiataccia al vicino e un insulto al governo, non importa chi governi. Sempre capaci di fare miracoli, però. D’oro come la saliera di Cellini (vero, avrei potuto parlare di quella) o d’acciaio come le Ferrari di Pininfarina (e non mi dite che non sono capolavori). Di grafene, di va a sapere che materiali e di tutto quello che sarà necessario.

Daniel Di Schuler

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