È di ieri la notizia pubblicata sul sito de Le Iene. In essa i giornalisti intrattenitori di Mediaset manifestano tutta la loro solidarietà verso due rapper che, direttamente dal carcere, hanno pubblicato su Youtube una canzone di protesta contro le condizioni di vita nell’istituto penitenziario.
La storia
I detenuti Big Skizo e Sayeed Abu hanno inciso il brano “Solo cemento” direttamente dalla casa circondariale di Rieti, in cui si trovano per aver commesso delle rapine. Come hanno fatto? Hanno usato i mezzi a disposizione nella sala di musica del carcere per registrare l’audio e il video della canzone. Poi sono stati aiutati a portare a termine la missione di pubblicazione su Youtube da un amico in uscita, che l’ha caricato sulla piattaforma nel dicembre 2016.
La punizione
Questa trovata chiaramente non è piaciuta al carcere di Rieti. La struttura infatti l’ha definito un fatto grave che compromette la sicurezza dell’istituto. Per questo ai due rapper è stata inflitta un’ulteriore misura. È stato emanato un provvedimento che li ha costretti a passare 10 giorni in isolamento. Le Iene hanno espresso solidarietà e vicinanza ai rapper per la punizione cui sono stati sottoposti.
La difesa de Le Iene
Le Iene hanno così ripubblicato il video dei due rapper detenuti. Esso meriterebbe di essere diffuso perché, secondo loro, denuncerebbe lo stato in cui migliaia di detenuti sono costretti a vivere. Come gli stessi cantautori scrivono nella didascalia sotto al video, esso vuole riportare “l’inutilità delle strutture carcerarie dove la rieducazione non esiste o meglio esiste solo sulla carta”.
Inutilità della galera e assenza di rieducazione. Le Iene hanno visto in questo una coraggiosa rivolta contro una spiacevole e consolidata realtà. Io ci vedo invece solo due delinquenti a cui non piace il posto in cui si trovano e perciò sfruttano l’argomento della rieducazione retoricamente e fuori luogo.
La finalità rieducativa della pena
Per rieducazione si intende una delle finalità fondamentali della pena. La sanzione penale, come dice l’articolo 27 della Costituzione, deve tendere alla rieducazione del condannato. Tuttavia, questa non è l’unica funzione della pena. Essa ha una funzione retributiva o afflittiva che consiste nel punire il reo come conseguenza del male commesso, rispettando criteri di proporzione. Poi vi è una finalità preventiva: distogliere gli altri e il condannato dalla commissione di reati.
La rieducazione, o emenda, è sicuramente fondamentale. In particolare, con la legge n. 354 del 1975, intitolata ≪Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative della libertà≫ per la prima volta il carcere viene inteso come occasione data al recluso di reinserirsi nella società. Non solo quindi un luogo di isolamento e sofferenza. La legge sull’ordinamento penitenziario promuove strumenti di risocializzazione quali l’istruzione, attività culturali, religiose e lavorative. La Corte Costituzionale, poi, con la sentenza n. 12 del 1996, ha sottolineato che il principio rieducativo, “dovendo agire in concorso delle altre funzioni della pena, non può essere inteso in senso esclusivo ed assoluto”.
La contraddizione
I problemi sull’effettiva opera di rieducazione del carcere sono tanti. In particolare, un dato preoccupante è che la galera spesso è criminogena. Invece che allontanare i detenuti dalla delinquenza, spesso non fa che riavvicinarli. Analizzando però il caso in questione, il fatto che mi lascia perplessa è che la protesta contro l’assenza di rieducazione sia stata veicolata proprio tramite uno strumento di rieducazione. I rapper la reputano inesistente. Eppure per dirlo hanno usato una sala di musica. Una contraddizione.
La rieducazione infatti consiste proprio in questo. E basta andare sul sito della casa circondariale di Rieti per consultare le varie attività svolte in essa. Scolastiche, lavorative, culturali e sportive. Vari sono i progetti da poco conclusi o ancora in corso. E allora perde di credibilità il ritornello che recita “Guardo fuori, vedo solo il cemento”.
Denunciare nei modi giusti
Lungi da me mettere dei bavagli. Se i due detenuti avessero voluto denunciare delle irregolarità del carcere di Rieti, avrebbero potuto farlo una volta usciti, rispettando le regole del luogo in cui ora si trovano. Posto in cui uno dei rapper, Big Skizzo, nome d’arte di Alessandro Cesaretti, si trova per aver rapinato una decina farmacie e negozi nella periferia di Roma. Armato di taglierino o piccole lame, egli puntava a commesse donne che, una volta rimaste da sole, venivano minacciate a volte con un coltello alla gola.
Le rapine erano strumentali alla realizzazione del suo sogno: trovare i soldi per produrre i suoi cd. L’ultimo cd si intitola proprio “628”, il numero dell’articolo del codice penale che riguarda il reato da lui commesso. Come riportato dal Messaggero, il ragazzo aveva avviato nel carcere di Rieti un progetto nell’ambito di un percorso di recupero. Alla base di esso vi era la musica come mezzo di riscatto.
Tra l’altro, l’avvocato Andrea Farina dichiarò che il suo assistito stava svolgendo questo progetto chiamato “Music in the wall” all’interno del carcere di Rieti, attraverso l’aiuto fondamentale della direttrice, degli educatori e degli operatori di polizia penitenziaria. “Questo percorso si sta rivelando molto utile sotto il profilo educativo e rieducativo della pena”, affermò l’avvocato.
In conclusione
Insomma, tutto sembra meno che Cesaretti stesse conducendo una permanenza anti-rieducativa nel carcere di Rieti. L’isolamento disciplinare inoltre è una misura presa nei confronti dei detenuti che abbiano posto in essere un’infrazione espressamente prevista nel regolamento penitenziario. Bisogna vedere allora se la registrazione di un videoclip musicale in carcere e la sua diffusione rientri tra esse. Andrebbe analizzata la legittimità dell’imposizione di una simile punizione. Questi punti non sono stati però approfonditi. Solo la consultazione del regolamento della casa circondariale di Rieti può rispondere a questi interrogativi.
Senza queste importanti informazioni, la canzone dei due rapper resta a mio avviso solo una presuntuosa sfida alle istituzioni.
Rossella Micaletto