Cannabis terapeutica: la storia di Walter de Benedetto, condannato perchè non vuole soffrire

cannabis terapeutica

cannabis terapeutica

Walter de Benedetto è affetto da una grave forma di artrite reumatoide. La malattia gli provoca forti dolori, che solo la cannabis terapeutica riesce ad alleviare. Nonostante abbia una regolare prescrizione, lo Stato non è in grado di garantirgli quello di cui ha bisogno. Walter ha deciso quindi di autoprodurre la sostanza nel suo giardino e, per questo, è stato denunciato e rischia il carcere. È questa una vicenda come, purtroppo, ne esistono molte. Diverse persone sono costrette a perpetuare una disobbedienza civile per rivendicare un diritto fondamentale: quello alla salute. Il loro coraggio deve spingerci a riflettere su una questione, quella della legalizzazione, che è ora di risolvere.

La resistenza di Walter

La storia di Walter de Benedetto, 49enne di Arezzo, inizia 10 anni fa, quando scopre di soffrire di artrite reumatoide in “forma aggressiva”. Da allora, comincia la battaglia contro un male invasivo, che trasforma progressivamente il suo corpo causandogli non poche sofferenze. Walter prova dapprima a curarsi con medicinali antimalarici e chemioterapici, senza ottenere risultati. La svolta arriva grazie alla cannabis terapeutica. Il farmaco, perché di questo si può parlare, gli viene però prescritto e assegnato dall’Asl in quantità insufficienti. L’uomo finisce così per piantare marijuana nel suo giardino, per un uso esclusivamente personale e medico. Nell’ottobre 2019, i carabinieri gli irrompono in casa e fanno partire un’indagine per coltivazione di sostanza stupefacente in concorso: Walter rischia fino a 20 anni di galera. Qualche giorno fa, il 23 febbraio, si è tenuta l’udienza preliminare, in cui i legali di De Benedetto hanno chiesto il rito abbreviato, facendo slittare il processo al 27 aprile.

Le dichiarazioni di De Benedetto

Dal giorno dell’irruzione, Walter non coltiva e non consuma quasi più la cannabis terapeutica ed è costretto ad assumere morfina mattina e sera. Necessita inoltre di una badante che lo aiuti ad alzarsi dal letto e a compiere i più piccoli spostamenti. Ma non si arrende all’ingiustizia che sta vivendo: De Benedetto è deciso a diffondere la sua esperienza, a lottare per sé e per migliaia di malati nella sua stessa situazione. Ha voluto essere presente all’udienza a suo carico, per rivendicare un diritto che gli è stato negato: quello alla ricezione delle cure, sancito tra l’altro dalle Nazioni Unite. Accompagnato in Tribunale dall’ambulanza, viste le sue gravissime condizioni, l’imputato ha dichiarato:

Mi assumo la mia responsabilità, ho fatto di tutto per essere in aula oggi, per andare fino in fondo.  Questa è una battaglia in cui non ci sono solo io, credo nella giustizia e nella legge, mi sento a posto con la mia coscienza.

A sostenerlo, i suoi avvocati, i rappresentanti della campagna Meglio Legale, Riccardo Magi, deputato di +Europa/Radicali, Michele Sodano, parlamentare del Gruppo Misto e l’attivista Matteo Mainardi dell’Associazione Luca Coscioni.




Una questione da risolvere al più presto

Sfortunatamente, la vicenda di Walter è una fra le tante. Il ricorso alla cannabis terapeutica è estremamente utile per svariati disturbi ‒ degenerativi e non ‒ quali sclerosi multipla, epilessia, dolori cronici, Alzheimer, Parkinson e molti altri. La richiesta dei pazienti è dunque molto elevata e la produzione del medicinale in Italia non basta a soddisfarla. La fornitura viene spesso interrotta anche perché, avendo una coltura insufficiente, siamo obbligati a procurarci il prodotto dall’estero, allungando i tempi.

Secondo il report Estimated World Requirements of Narcotic Drugs 2020 dell’International Narcotics Control Board, l’Italia ha un fabbisogno di 1.950 kg all’anno di cannabis medica. A fronte di tale domanda lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (SCFM), nel 2019, ha distribuito alla farmacie cannabis per soli 157 kg. Lo Stato italiano, per provare a rispondere alla domanda interna, ha dovuto acquistare 252 kg importati dall’Olanda.

Ad affermarlo è l’associazione Meglio Legale, che lavora per alimentare il dibattito tra istituzioni e cittadini, nel trattare i temi riguardanti la legalizzazione. Di fronte all’ottusità delle istituzioni, completamente sorde alle richieste di medici e malati, c’è chi, seppur a malincuore, è indotto a rivolgersi al mercato nero. Il che significa comprare sostanze non sicure e, ovviamente, finanziare le mafie.

Una disobbedienza importante

Chi, invece, decide di non cedere avviando un’autoproduzione, subisce il trattamento riservato a  De Bendetto. Oppure a Sabrina Agresti, affetta da un glaucoma che la stava rendendo cieca, arrestata nel 2012 perché coltivava cannabis a scopo curativo nel suo agriturismo. Il proibizionismo nei confronti della marijuana è scandaloso, soprattutto perché sono permessi farmaci ben più invasivi, ad esempio a base di oppioidi. Lo Stato si concentra nel condannare l’aspetto ludico della sostanza, ignorandone i benefici in campo medico, ma anche economico e sociale. Si teme che, con la depenalizzazione, il consumo aumenterebbe: paesi come la California ci hanno ampiamente dimostrato che non è così e che la liberalizzazione porterebbe numerosi vantaggi. Sarà per un insensato fanatismo ideologico, sarà per paura di perdere consensi, ma la politica resta testardamente ferma su posizioni di un’arretratezza culturale e ignoranza notevoli. Se la legalizzazione non è percepita come una priorità, sta a noi cittadini fare di tutto perché lo diventi e, soprattutto, scardinare una narrativa oscurantista e piuttosto anacronistica.

Alessia Ruggieri

Exit mobile version