Cannabis light, per la Cassazione è lecito venderla e fumarla

Cannabis Light

Fumare e vendere cannabis light è lecito. Questa la decisione della Cassazione, dopo il sequestro preventivo fatto a Civitanova Marche ai danni di un commerciante di 28 anni.

La cannabis light “non va considerata ai fini giuridici sostanza stupefacente soggetta alla legge sulle droghe”, ha recitato così la sentenza della Suprema Corte .

La Corte ha poi aggiunto che: “La vendita della cannabis light e l’uso dei suoi derivati (non solo birre e tisane, ma anche fumo) sono leciti e per questo i negozi come quelli del marchigiano non possono essere sottoposti a sequestri preventivi per cessione reiterata dei prodotti”.

Le sentenze a confronto

Una sentenza che è arrivata poco dopo quella fatta a seguito del maxisequestro di Forlì, dove si precisava che la legge non rendesse lecita la commercializzazione della cannabis light.

Ma la Corte in questa nuova sentenza ha precisato che la percentuale di THC al di sotto della quale la sostanza non è considerata come “produttiva di effetti stupefacenti giuridicamente rilevanti, rende lecita la sostanza stessa e di conseguenza anche la sua vendita”.
Per i giudici quindi vi è un ragionevole equilibrio tra “esigenze precauzionali relative alla tutela della salute e dell’ordine pubblica e le inevitabili conseguenze della commercializzazione dei prodotti delle coltivazioni”.

Il punto focale della sentenza

Il punto focale sarebbe però un altro. Per la Cassazione infatti è “nella natura dell’attività economica che i prodotti della filiera agroindustriale della canapa siano commercializzati” e che, senza indicazioni diverse, “non emergono particolari ragioni per assumere che il loro commercio al dettaglio debba incontrare limiti che non risultano posti al commercio all’ingrosso”.  In più il coltivatore ha solo l’obbligo di “conservare i cartellini della semente e le fatture di acquisto”.

” Questo perché” – ha spiegato la Cassasione – “se il contenuto complessivo di Thc nella coltivazione sia superiore allo 0,2% ed entro il limite dello 0,6% nessuna responsabilità è prevista per l’agricoltore”. In più “il sequestro o la distruzione delle coltivazioni possono essere disposti  ma solo se il contenuto di Thc nella coltivazione è superiore allo 0,6%”.

La parola al Consiglio Superiore della Sanità

Anche la cannabis light è stata messa sotto la lente d’ingrandimento, non solo per motivi politici ed economici, ma anche sanitari.
A tal proposito si era espresso anche il Consiglio Superiore della Sanità, che aveva spiegato come

la biodisponibilità di Thc anche a basse concentrazioni non è trascurabile, sulla base dei dati di letteratura”. Secondo le caratteristiche farmaceutiche e chimico-fisiche, il “Thc e altri principi attivi inalati o assunti con le infiorescenze di cannabis sativa possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso, ben oltre le concentrazioni plasmatiche misurabili”.

Il mercato della cannabis light

Rivenditori di cannabis light, sia online sia in negozi fisici, si sono moltiplicati a vista d’occhio.
Questo grazie alla diffusione della legge 242 del 2016, intervenuta in favore della filiera della canapa.
Una crescita direttamente proporzionale alla richiesta. Infatti sono sempre di più le persone che comprano infusi, thè, pasta e olii a base di canapa.
Una realtà nuova per l’Italia e un po’ meno per altri Paesi europei e intercontinentali come l’Olanda, il Canada e molti Stati nordamericani, dove se ne fa uso medico oltre che ricreativo. 

 

Eleonora Spadaro

Exit mobile version