Il cancro della prostata (carcinoma prostatico) riguarda il tumore maligno che colpisce un organo solo maschile: la prostata. Lo studio, pubblicato nella rivista Cancer Letters, porta una svolta nella diagnosi di questa patologia.
Si basa tutto sul PSA
Al giorno d’oggi, la presenza del tumore della prostata può essere ricercata direttamente nel sangue.
Il PSA, l’Antigene Prostatico Specifico (Prostate-Specific Antigen), è una sostanza prodotta dalla prostata e riversata nel sangue. Da molti anni la sua quantificazione viene utilizzata come marcatore tumorale per la prostata.
La ricerca ha trovato come distinguere il cancro della prostata da altre forme di neoplasie, come l’iperplasia prostatica benigna. A permettere ciò sono i valori del PSA espressi su delle vescicole di dimensioni nanometriche circolanti nel sangue, detti esosomi.
Un test migliore per evitare falsi positivi
“L’attuale esame per diagnosticare questo tipo di cancro dà un alto numero di falsi positivi in tutto il mondo” spiega Stefano Fais. Responsabile dello studio e appartenente al dipartimento di Oncologie e Medicina molecolare dell’Istituto Superiore della Sanità.
Il problema nei falsi positivi è duplice: per la persona, non realmente malata, e per il costo della sanità. Infatti, la ricerca di livelli elevati di PSA nel sangue non diagnostica immediatamente la presenza di una neoplasia. In caso di un risultato positivo al test vengono eseguiti altri esami. Questi approfondimenti servono sia per confermare o meno la presenza della neoplasia, sia per ricercare la tipologia di tumore. Tuttavia, questo si traduce in costi che devono essere sostenuti direttamente dallo Stato e, indirettamente, dai cittadini.
“La determinazione dei livelli plasmatici di esosomi che esprimono il PSA potrebbe consentire una diagnosi più precisa e più precoce” afferma Fais.
La ricerca prosegue per confermare il nuovo metodo per la diagnosi del cancro della prostata
Al momento lo studio si riferisce a 45 campioni di plasma. È in corso però lo studio su 250 campioni.
Il Dott. Alessandro Sciarra, del Policlinico Umberto I, afferma: “Se questi risultati venissero confermati, sarebbe una vera rivoluzione. Questo perché ci metterebbe a disposizione uno strumento molto efficace nella prevenzione secondaria del cancro della prostata”.
Prima si scopre la neoplasia, prima si può intervenire e aumentare le possibilità di successo della terapia. Di conseguenza, è importante una diagnosi precisa e sempre più precoce, attuabile grazie ai test.
Da un lato, gli uomini possono fare ricorso a programmi periodici di screening. Dall’altro lato c’è una importanza di ottenere test sempre più precisi e accurati. Test che permettono di distinguere una persona malata da una sana.
Valentina Imperioso