Quando il passato non è più conciliabile con i valori del presente, la tentazione di cancellarlo dai nostri ricordi prende il sopravvento, quasi potessimo “cancellare la storia”.
In un clima di grande attenzione sociale e mediatica ai temi dell’inclusione e dei diritti umani, adoperarsi a fondo per correggere la rotta intrapresa in passato è indispensabile. Convinti della direzione scelta, diventa però sempre più difficile accettare ciò che è stato come parte del percorso che ci ha portati al punto in cui ci troviamo. Sulla scia della cancel culture, sembra infatti molto più semplice disfarsi di tutto quanto non rientri nella nostra attuale visione del mondo. Spesso scegliamo dunque di ignorare, modificare, o addirittura negare gli aspetti del passato che fatichiamo a digerire. Eppure, come possiamo anche solo pensare di voler “cancellare la storia”? Quella stessa Storia che Cicerone definiva “testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita“. Chi mai potrà insegnarci a leggere il tempo che viviamo, se non Lei?
“Il tempo è un distendersi dell’anima”
Il filosofo s. Agostino d’Ippona sosteneva che il presente fosse l’unico tempo che ci appartiene davvero. Riteneva infatti che fosse impossibile pensare al futuro o al passato svincolandoci dal momento presente in cui concepiamo quel pensiero. Agostino definiva il tempo come un distendersi dell’anima umana attraverso tre dimensioni: presente del presente, presente del futuro e presente del passato, ovvero l’istante in cui viviamo, le nostre aspettative, e il tempo del ricordo. Tutto quello che abbiamo del passato è dunque il ricordo, personale o collettivo che sia. Ciò che è accaduto si trova infatti al di fuori della nostra portata e possiamo solo cercare di comprenderlo. Perché quando comprendere è impossibile, è proprio allora che diventa essenziale riuscirci. Conoscere la storia è infatti fondamentale per cercare di interpretarla con gli occhi di chi l’ha vissuta e, quando necessario, condannarla affinché non possa ripetersi.
Se allarghiamo la prospettiva…
Tra un presente amaro e un futuro che si fa ogni giorno più incerto, le tragedie del tempo che viviamo ci costringono a uno scontro collettivo con una scomoda realtà. Non esiste diritto che non ci sia accordato da una qualche forma di istituzione, né umana giustizia che abbia giurisdizione sugli accidenti del mondo. Al venir meno delle piccole e grandi cose su cui abbiamo costruito le nostre esistenze, ci rendiamo conto di quanto esse non fossero affatto scontate. Pur cercando di renderci noi stessi artefici del “cambiamento che vorremmo vedere nel mondo”, assistiamo quindi inermi allo stravolgimento di quanto abbiamo ereditato dalle generazioni precedenti e finora considerato nostro diritto naturale.
Eppure tutto questo ci aiuta a crescere ed evolverci, a portare avanti i nostri ideali e opporci con forza alle storture di un passato che troppo spesso sentiamo estraneo. Un passato che fa male conoscere, che talvolta vorremmo rinunciare a capire, perché dimenticare sarebbe molto più semplice. Quanto è facile giudicare quel passato con gli occhi del presente? Quanto, invece, impariamo e scopriamo di noi esseri umani quando decidiamo di allargare la prospettiva e interpretare il nostro tempo come continuazione di ciò che è stato e che, nostro malgrado, sarà sempre stato?
La prospettiva storica
Ci rendiamo dunque conto di quanto il tentativo di cancellare la storia sia inutile e controproducente. La storia che, analizzata da lontano e in modo forse un po’ semplicistico, sembra un avvicendarsi di tesi e antitesi di hegeliana memoria. Un susseguirsi di costruzione, e distruzione, e ricostruzione. Di figli che negheranno le conclusioni raggiunte dai padri e vedranno, a propria volta, le proprie idee demolite. Forse ci troviamo davanti a un nietzschiano “eterno ritorno dell’identico” che ci sorprenderà e coglierà impreparati ogni qualvolta non avremo fatto tesoro dell’esperienza collettiva dell’umanità. Ogni volta che non avremo imparato dai suoi, o dai nostri, stessi errori. O forse la verità della storia prevarrà sempre su ogni tentativo di soppressione. In questa infinita coazione a ripetere potremo quindi rintracciare, con le parole di María Zambrano, “una sorta di aurora ripetuta e mai pienamente riuscita, protesa verso il futuro“.
Cristina Resmini