Alla fine la tagliola è calata anche sugli ultra ottantenni. E’ stata proprio l’età avanzata a salvare in un primo momento il vitalizio di sei ex deputati, tra i quali Cesare Previti e Toni Negri.
Per capire il motivo di questo ritardo occorre fare un passo indietro al 7 maggio 2015. In quella data la Camera approva una delibera che toglie il diritto al vitalizio a tutti coloro che sono stati condannati con sentenza passata in giudicato a pene superiori a due anni di reclusione per reati non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la reclusione fino a un massimo di sei anni.
I risultati di quella decisione arrivano presto: il 9 luglio 2015 le Camere votano a favore dell’abolizione dei vitalizi di 18 tra senatori e deputati, tra i quali Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi.
Tuttavia un’inspiegabile mancanza tecnica ha impedito di attuare la delibera nei confronti degli ex parlamentari con più di 80 anni: il casellario giudiziale infatti non riporta più le pene inflitte a chi ha superato quell’età. Gli uffici della Camera hanno dovuto quindi fare richiesta alla Corte Costituzionale per avere le condanne già archiviate. I documenti, una volta esaminati, hanno portato all’individuazione dei sei che non hanno diritto al vitalizio in base alla delibera dell’anno passato: oltre a Previti e Negri, gli ex deputati Giuseppe Astone, Giuseppe Barone, Luigi Sidoti e Luigi Farace.
Una revoca è per sempre. O forse no.
Ma per loro, come per tutti gli altri ex parlamentari a cui è stata revocata, la rinuncia all’indennità potrebbe essere solamente di carattere temporaneo.
Nella delibera del 2015 è stata infatti inserita un’eccezione all’abolizione del vitalizio: la riabilitazione giudiziaria. Di cosa si tratta, vi chiederete? Semplice: è la certificazione dell’avvenuto ravvedimento del condannato, che permette di ottenere l’estinzione delle pene accessorie
Il primo a beneficiare di questa possibilità è stato Gianmario Pellizzari, eletto deputato con la Democrazia Cristiana dal 1976 al 1992 e condannato a otto anni per bancarotta fraudolenta nel 1996. Dopo la revoca dell’indennità nel luglio scorso, Pellizzari presenta il 31 agosto un’istanza di riabilitazione che viene accolta dal Tribunale di sorveglianza della Corte di Appello di Venezia. Il 5 febbraio di quest’anno l’Ufficio di Presidenza della Camera ha votato a favore della restituzione degli arretrati e del diritto al vitalizio all’ex DC.
La decisione presa nel 2015, invocata da tempo dalla società civile e accolta con grande entusiasmo, si rivela dunque facilmente aggirabile grazie ad un’eccezione contenuta nella delibera stessa. Più che una soluzione efficace, uno specchietto per le allodole: lasciare che tutto, alla fine, rimanga così com’è, mentre il messaggio che viene amplificato è quello di un importante risultato politico. A parlare di trasformismo si fa peccato, ma non si sbaglia mai?
Stefano Galeotti