Gogòl se ne è andato in Cambogia, nel Sud – Est asiatico. Non lontano da Phnom Penh, per l’esattezza. Ci è andato perché Gogòl ama sorridere e dispensare sorrisi. Certo, il tragitto non è stato breve, considerato che Gogòl – l’omino giallo del sorriso – parte da Enna. Perché in Cambogia? Pare che la Cambogia sia la patria del sorriso, nonostante tutto. Nonostante la miseria appena fuori dalla popolosa capitale, l’antica Perla dell’Asia, che mischia la pelle col fango. Che ti porta all’altro mondo per un nonnulla o che, se ti lascia in vita, ti toglie ogni residuo di vita dignitosa. Gogòl in Cambogia ci è stato in compagnia di Fabio Di Dio e Giovanni Quattrocchi, giovani professionisti ennesi con la passione per la solidarietà. Ci abbiamo parlato, per capire meglio la missione.
Per cominciare, cos’è Gogòl?
F: è un progetto nato da un’idea di Mauro Todaro. In barba a chi sostiene che in una realtà come Enna non ci sia nulla di positivo, Mauro ha ideato questo omino che rappresenta un omaggio al sorriso. Viene consegnato a chi crede in sé e fa qualcosa di buono. A modelli positivi, insomma. E così, in un anno circa, sono stati distribuiti più di duemila Gogòl e non solo in provincia. Gogòl è andato in giro per l’Italia e all’estero anche!
G: Mauro è un nostro amico comune, è lui che ci ha messi in contatto. Notevole come Gogòl si sia diffuso a macchia d’olio, anche grazie all’eco dei social network. Ciò ha facilitato la creazione di una rete di sostenitori nell’ambito della realtà imprenditoriale locale.
Dall’omaggio al sorriso alla missione in Cambogia, come ci siete arrivati?
F: Inizialmente Gogòl non prevedeva missioni umanitarie. Ci si è arrivati spontaneamente grazie all’esempio dell’ennese Cristina Fazzi, medico che da molti anni opera in Zambia. Da qui nasce “per un mondo di sorrisi”, progetto mio e di Giovanni, per portare concretamente la positività in giro per il mondo. Siamo arrivati in Cambogia attraverso la onlus “Il Nodo” di Milano, che lì ha aperto una scuola in cui si insegna la lavorazione di metalli quali argento, oro e ferro e che in questo modo cerca di creare opportunità di lavoro per gli abitanti dei villaggi.
G: C’è da dire che era da tempo che io e Fabio pensavamo di avviare un progetto umanitario. Quale migliore occasione del Gogòl? Io ero già in contatto con “Il nodo”, perché sono un ingegnere ambientale e la onlus milanese, oltre alla scuola, segue da tempo un progetto di potabilizzazione delle acque. E’ così che nasce “per un mondo di sorrisi – Cambogia 2016”, che pian piano è diventato il ramo solidale di Gogòl. Questa volta è stato il turno della missione in Cambogia, ma in futuro non escludiamo altri progetti benefici anche altrove.
I due ennesi ci spiegano che la missione “Cambogia 2016” si è sviluppata in due fasi, di cui la prima è stata un’ampia attività di crowdfunding supportata da don Giuseppe Rugolo. A questa campagna si sono uniti anche il Rotary Club di Verona e Il Nodo. In seguito, poi, l’acquisto di cinquanta filtri per depurare e potabilizzare l’acqua. Sembra poco, anche se poco non è. “In Cambogia, un bambino su trenta muore per infezioni gastrointestinali causate dall’utilizzo di acqua non potabile”, ha sottolineato Di Dio.
Una volta acquistati i filtri?
G: Siamo partiti alla volta di questo villaggio, non lontano dalla capitale, anche se le distanze sono relative. Per percorrere pochi km si impiega parecchio tempo a causa delle pessime condizioni stradali. Siamo arrivati con l’obiettivo di fornire alle famiglie del posto non solo i filtri, ma un corso di formazione mirato al corretto utilizzo, la manutenzione e garantiremo il monitoraggio bimestrale per almeno i prossimi due anni. C’è stata una cerimonia di apertura, che ci ha fatto sentire bene accolti da subito. Alla cerimonia, oltre noi, c’era Martina Cannetta, responsabile per il Nodo dei progetti in Cambogia, insieme al capo del villaggio e personale diplomatico.
F: Il nostro corso è iniziato subito. Insegnavamo a grandi e piccoli l’importanza di usare acqua potabile, il corretto utilizzo dei filtri…
G: Al riguardo, va detto che i ragazzi sono stati molto ricettivi, anche perché ci sono stati di supporto dei fumetti con personaggi molto noti in Cambogia. Grazie a quelle illustrazioni abbiamo potuto spiegare il corretto uso dell’acqua potabile, nonostante la diversità linguistica. Al termine del corso i ragazzi hanno anche allestito una rappresentazione teatrale inerente l’uso dell’acqua.
Non ci sono mai stati dei momenti critici, lungo tutta la durata della vostra missione?
F: Credo il primo giorno, l’impatto dopo un viaggio lunghissimo. E poi… il caldo! Ma l’arrivo dei bambini ad accoglierci ha cancellato tutto, è stato bellissimo!
G: Decisamente, le condizioni di povertà in cui versano questi villaggi hanno un impatto davvero forte, ma poi ti senti subito a tuo agio, i cambogiani sanno farti sentire subito a casa.
E del resto, fanno eco Fabio e Giovanni, c’è tanto da imparare da chi possiede poco o nulla, ma ha innata la capacità di sorridere sempre. “Parliamo di bambini che non sanno la loro età. Non esistono orologi o calendari lì. Non esistono neanche dei registri di nascita”, ha specificato Fabio, così come non esistono scarpe ai loro piedi. E’ paradossale la discrepanza che esiste tra la capitale Phnom Penh e un villaggio appena distante, dove le sorti degli abitanti, senza gli aiuti di onlus e di progetti come questo, sono lasciate un po’ al caso. La sanità funziona se vivi in metropoli e se la puoi pagare, ovviamente.
Quali i prossimi obiettivi?
F e G: Insieme a Mauro stiamo valutando i prossimi obiettivi, che al momento non vorremmo spostare dalla Cambogia. Pensiamo di puntare all’istruzione, per avviare i bambini verso la costruzione di realtà più dignitose. Un’ipotesi potrebbe essere quella di puntare a raccogliere i fondi necessari per garantire delle borse di studio agli apprendisti artigiani. Sottrarre giovani dalla strada significa creare delle opportunità di vita.
Dal caldo cambogiano, i ragazzi sono tornati al freddo ennese appena la settimana scorsa, con un mondo di sorrisi in più e con un cantiere di idee sempre aperto.
Alessandra Maria