In un mondo alle prese con la minaccia del cambiamento climatico, l’innovazione assume una valenza essenziale. Questa volta prende il nome di un imprenditore vietnamita, Tran Minh Tien, con la sua proposta di realizzare cannucce biodegradabili a partire da una specie di erba, la ‘Lepironia articulata’, molto diffusa nella regione del Delta del Mekong.
Le cannucce biodegradabili vengono spedite in tutto il mondo
Tran Minh Tien raccoglie gli steli d’erba vuoti, li lava e poi li taglia fino a 20 cm. Ripulite con un’asta, le cannucce si conservano, a temperatura ambiente, una settimana circa, ma se lasciate in frigo sono utilizzabili fino a due settimane. L’inventore vietnamita produce anche cannucce essiccate la cui durata può arrivare fino a sei mesi. Dopo averle utilizzate, si possono semplicemente gettare nell’organico, oppure si possono masticare, come suggerisce lo stesso Tran Minh Tien: “Le cannucce non vengono trattate con prodotti chimici o conservanti e, oltre a non alterare il sapore delle bevande, esse sono ricche di fibre e masticarle dopo aver mangiato aiuta a pulire i denti”. Le cannucce, distribuite in tutto il mondo, vengono spedite in confezioni da 100 pezzi, avvolte in foglie di banano. È possibile ordinare le cannucce sul sito di Tran Ong Hut Co, che fornisce anche consigli su come utilizzare al meglio e conservare le sue creazioni ecocompatibili.
https://m.youtube.com/watch?v=eNeqxRbciSE
Buone notizie dell’Europa
Ogni anno, gli oceani ricevono milioni di tonnellate di plastica, ma le abitudini e le politiche stentano a cambiare, sebbene ci siano dei segnali positivi che arrivano dall’Europa. Sarà in vigore dal 2021 la direttiva europea contenente misure finalizzate alla riduzione dell’utilizzo di plastica monouso. Il 27 marzo scorso, il Parlamento europeo ha dato parere positivo in merito alla messa al bando di una serie di oggetti in plastica monouso che non potranno più essere venduti ed acquistati nel territorio europeo. Si tratta di un vero e proprio divieto di commercializzazione per un’ampia gamma di oggetti che costituiscono, si stima, il 70% di tutti i rifiuti marini, per i quali esistono alternative ecologiche innovative, come quella sopra descritta. Vengono vietati, in particolare, posate e piatti di plastica, cannucce, bastoncini di cotone, contenitori per alimenti, coppe in polistirolo. Inoltre, secondo la direttiva, entro il 2025, gli Stati membri dovranno raccogliere il 90% delle bottiglie di plastica monouso per bevande ed introdurre sistemi di cauzione-deposito.
Dai palazzi alle piazze, dai parlamenti ai centri di ricerca
Il cambiamento climatico è ormai entrato nella coscienza collettiva: dai palazzi alle piazze, dai parlamenti ai centri di ricerca e innovazione. Il 15 marzo scorso sono scesi in piazza milioni di giovani, in 106 paesi, per protestare in difesa di un pianeta il cui clima sta cambiando e nessun evidenza è in grado di contraddirlo, neppure le efferate affermazioni di qualche politico poco avveduto. “La civiltà ha le sue fondamenta nel sottile strato superficiale di suolo che ricopre parte del pianeta – afferma Lester Russel Brown, uno dei più attenti indagatori delle trasformazioni ambientali e autorevole rappresentante della cultura scientifica della sostenibilità, fondatore del Worldwatch Institute e successivamente dell’Earth Policy Institutee, “la salute dei popoli che ci vivono non può essere separata dalla salute del suolo stesso”. Quest’ultime parole si aggiungono a quelle di tanti giovani ospiti di questa terra che si dicono “uniti in supporto della scienza” ed esortano i politici a fare altrettanto.
Necessaria una mobilitazione globale, qui, ora e subito
Sono trascorsi sette mesi da quel 20 agosto, date del primo sit-in di Greta Thunberg a Stoccolma. Ostinata e caparbia, Greta Thunberg è riuscita a stimolare una inondazione di giovani nelle piazze, a farsi portavoce di un movimento che pretende risposte politiche e che ci si augura non svanisca come una leggera moda di primavera. Ogni movimento ha i suoi volti da incorniciare e Greta Thunberg sembra possedere il DNA e/o la stoffa giusta per calarsi in questo ruolo. Negli snodi della globalizzazione, d’altronde, passano immagini, volti e aneddoti che corroborano battaglie, scelte e cambiamenti più o meno repentini. Tessere un elogio alla giovanissima Greta Thunberg non è tuttavia funzionale al senso più profondo della sua battaglia che, in ultima analisi, mette in discussione i punti cardine del capitalismo: l’individualismo, l’egoismo, la crescita economica indiscriminata, il sistema stesso di produzione incontrollata che ci ha condotti alla situazione odierna.
Non c’è protesta senza proposta, non c’è protesta senza speranza. Come esorta il noto meteorologo italiano, Luca Mercalli, il quale ha preso parte alla manifestazione del 15 marzo scorso tenutasi a Torino: “Sia il primo passo di una mobilitazione globale“. Affinché la protesta non si esaurisca a qualche prima pagina di giornale nei giorni a venire, c’è bisogno che gli sforzi siano costanti, che le abitudini di vita quotidiana cambino radicalmente e subito, che si cominci a pensare e agire concretamente per cambiare il sistema, quel sistema che ha penetrato le nostre vite fino a farci credere che non ce ne sia un altro possibile.
Giulia Galdelli