I cambiamenti climatici potrebbero sconvolgere il panorama del nostro pianeta. L’ennesimo allarme arriva da una ricerca condotta dagli studiosi dell’Università dell’Arizona, negli Usa, secondo la quale almeno il 40% delle piante attualmente presenti sulla terraferma rischia di sparire.
DIECI ANNI DI INDAGINI
L’indagine, coordinata da Brian Enquist, professore di ecologia e biologia evoluzionaria dell’ateneo statunitense, è andata avanti per dieci anni. Durante questo periodo, un gruppo di 35 ricercatori si è dedicato alla catalogazione di tutte le specie vegetali presenti sulla Terra. Sono state condotte almeno 20 milioni di osservazioni, che hanno portato a stimare la presenza di circa 435 mila piante. E di queste, come detto, quasi il 40% sarebbe in pericolo. Le preoccupazioni maggiori riguardano alcune specie molto rare, abituate ai climi stabili, che si trovano soprattutto in Africa, centro America e sud est asiatico, e potrebbero subire più di altre gli effetti collaterali del riscaldamento globale.
NUMERI ALLARMANTI
La ricerca, pubblicata sulla rivista Science Advances, di cui è uscito un numero speciale non casualmente proprio in coincidenza con lo svolgimento della conferenza Onu Cop25 di Madrid, ha allarmato non poco gli studiosi. Il coordinatore Enquist ha infatti ammesso che la percentuale di piante a rischio è molto più alta di quello che l’equipe di ricerca si sarebbe aspettata. Allo stesso tempo però, si spera che i risultati emersi possano aiutare ad elaborare nuove strategie per una migliore conservazione delle specie più fragili.
MINACCIATE DALLE ATTIVITA’ UMANE
Come spesso accade, i danni maggiori al pianeta sono provocati dalla mano dell’uomo. Ed è lo stesso Enquist che lo conferma, parlando più nel dettaglio della sua ricerca:
Abbiamo provato a capire la natura di questa biodiversità vegetale e a prevedere cosa cambierà in futuro. Alcune di queste piante sono diffuse in diversi territori, ma altre sono straordinariamente rare e sono state osservate in meno di cinque occasioni. A minacciarle sono soprattutto le attività umane come agricoltura, sviluppo delle città e consumo del suolo.
DINO CARDARELLI