Arriva notizia da Oxford di uno studio pubblicato su Nature Climate Change che ha dato risultati molto preoccupanti sul rapporto tra cambiamento climatico e carestie.
Normalmente quando in una regione del mondo c’è un’ondata di calore che impatta negativamente sui raccolti è controbilanciata da buon tempo e ottimi raccolti altrove, ma i ricercatori guidati dal dottor Kai Kornhuber del dipartimento di fisica di Oxford e dell’Earth Institute della Colombia University hanno scoperto un pattern che impatta le correnti a getto, cioè la circolazione atmosferica generale.
Secondo lo studio nei prossimi decenni se le emissioni di gas serra non verranno mitigate registreremo casi più frequenti e più intensi di ondate di calore occorrenti simultaneamente, per la precisione si parla della possibilità che Nord America, Europa Occidentale e regione del Mar Caspio siano colpite simultaneamente, stiamo parlando di tre dei maggiori granai del mondo, come puntualizza il dottor Dim Coumou della Vrije Universiteit di Amsterdam, co-autore dello studio. Non ci vuole un genio per capire il tipo di problemi che potrebbero causare cattivi raccolti contemporanei in queste tre aree: carenza di cibo e impennata dei prezzi che potrebbero sfociare in disordini sociali in aree anche non direttamente colpite dalle ondate di calore.
Questa possibilità di una correlazione tra cambiamento climatico e carestie globali non era stata contemplata negli scenari precedenti proprio per via della caoticità dell’atmosfera che non permetteva di prevedere queste manifestazioni concomitanti, ma i ricercatori del presente studio hanno scoperto l’esistenza di “eventi” in cui è presente una struttura globale in una circolazione che è solitamente caotica.
Ma che vuol dire maggiore frequenza? Si parla di un incremento di un fattore 20 del rischio di concomitanti ondate di calore che colpiscano tutte le aree interessate da questi pattern globali dei venti.
Per quel che riguarda l’effetto sulle aree colpite da questo fenomeno della circolazione atmosferica è stato osservato un calo del 10% nella produzione di cereali in certe regioni e un 4% di media su tutte quelle interessate.
Ora bisognerà comprendere meglio questi fenomeni che impattano le correnti a getto perché al momento i modelli climatici non riescono a prevederle e questo lascia al buio riassicuratori ed esperti della sicurezza alimentare sul rischio di ondate di calore con impatto sulla produzione di cibo contemporanee.
Roberto Todini