Calvizie, un fastidioso problema medico, che affligge 30 milioni di uomini europei
La calvizie, conosciuta con il termine medico di alopecia androgenetica, è causato dall’ormone maschile di eccellenza: il testosterone.
L’endocrinologo e anatomista americano James Hamilton scoprì la relazione tra testosterone e calvizie negli anni Quaranta del secolo scorso.
In particolare, Hamilton, osservò che le persone castrate prima della pubertà erano meno soggette all’alopecia.
I numerosi studi successivi aiutarono gli scienziati a comprendere meglio il meccanismo di sviluppo della calvizie senza, tuttavia, giungere a una cura definitiva.
In base alle conoscenze attuali, il testosterone viene convertito in diidrotestosterone (DHT) da un enzima (5-alfa reduttasi di tipo II). Il DHT è responsabile di alcuni caratteri tipicamente maschili come l’incremento della forza muscolare ma, contemporaneamente, provoca la morte dei follicoli capillari.
I capelli, in soggetti predisposti geneticamente, cominciamo a cadere secondo un ordine ben preciso: si diradano prima la linea frontale e il vertice della testa (in queste zone i follicoli piliferi risentono maggiormente dell’effetto del DHT), quindi la nuca e i lati.
Nuove speranze per la cura della calvizie
Negli anni si stanno compiendo passi da giganti per combattere questo lieve problema di salute che, tuttavia, in taluni casi, può comportare anche gravi disagi psicologici.
In particolare, due farmaci minoxidil ( usato in passato come antipertensivo) e finasteride (inibitore dell’enzima 5-alfa reduttasi di tipo II) si sono rivelati efficaci nel contrastare l’alopecia.
Un’altra cura rivoluzionaria è stata recentemente sviluppata nel nostro Paese, precisamente, presso l’Idi di Roma.
Il trattamento, descritto in modo dettagliato sulla rivista Dermatologic surgery, si basa sulla trasfusione autologa di plasma arricchito (o enriched autologous plasma).
In parole povere, si tratta sangue prelevato dal paziente mediante eliminazione dei globuli rossi e successiva concentrazione di altri componenti come piastrine, leucociti, fibrina e citochine.
Quindi, mediante l’uso di un filtro speciale, si ottiene un miscuglio ricco di fattori di crescita e di altre proteine del sangue denominato injectable leukocyte platelet-rich fibrin. Infine si provoca una minuscola lesione nel cuio capelluto per iniettare plasma arricchito di questo mix.
Alessia Cesarano
Calvizie, un fastidioso problema medico, che affligge 30 milioni di uomini europei
La calvizie, conosciuta con il termine medico di alopecia androgenetica, è causato dall’ormone maschile di eccellenza: il testosterone.
L’endocrinologo e anatomista americano James Hamilton scoprì la relazione tra testosterone e calvizie negli anni Quaranta del secolo scorso.
In particolare, Hamilton, osservò che le persone castrate prima della pubertà erano meno soggette all’alopecia.
I numerosi studi successivi aiutarono gli scienziati a comprendere meglio il meccanismo di sviluppo della calvizie senza, tuttavia, giungere a una cura definitiva.
In base alle conoscenze attuali, il testosterone viene convertito in diidrotestosterone (DHT) da un enzima (5-alfa reduttasi di tipo II). Il DHT è responsabile di alcuni caratteri tipicamente maschili come l’incremento della forza muscolare ma, contemporaneamente, provoca la morte dei follicoli capillari.
I capelli, in soggetti predisposti geneticamente, cominciamo a cadere secondo un ordine ben preciso: si diradano prima la linea frontale e il vertice della testa (in queste zone i follicoli piliferi risentono maggiormente dell’effetto del DHT), quindi la nuca e i lati.
Nuove speranze per la cura della calvizie
Negli anni si stanno compiendo passi da giganti per combattere questo lieve problema di salute che, tuttavia, in taluni casi, può comportare anche gravi disagi psicologici.
In particolare, due farmaci minoxidil ( usato in passato come antipertensivo) e finasteride (inibitore dell’enzima 5-alfa reduttasi di tipo II) si sono rivelati efficaci nel contrastare l’alopecia.
Un’altra cura rivoluzionaria è stata recentemente sviluppata nel nostro Paese, precisamente, presso l’Idi di Roma.
Il trattamento, descritto in modo dettagliato sulla rivista Dermatologic surgery, si basa sulla trasfusione autologa di plasma arricchito (o enriched autologous plasma).
In parole povere, si tratta sangue prelevato dal paziente mediante eliminazione dei globuli rossi e successiva concentrazione di altri componenti come piastrine, leucociti, fibrina e citochine.
Quindi, mediante l’uso di un filtro speciale, si ottiene un miscuglio ricco di fattori di crescita e di altre proteine del sangue denominato injectable leukocyte platelet-rich fibrin. Infine si provoca una minuscola lesione nel cuio capelluto per iniettare plasma arricchito di questo mix.
Alessia Cesarano