Tra gli appassionati di calcio, a proposito del rapporto tra calcio e spettacolo, il quesito è ancestrale. E’ meglio vincere, magari senza giocare bene, oppure divertire e divertirsi, anche a costo di vedere prevalere gli avversari? Una risposta definitiva non c’è, anche se è logico pensare che la soluzione ideale starebbe in un’unione delle due alternative. Vincere giocando bene. La storia, ha, però, dimostrato, salvo rare eccezioni, che dare spettacolo e ottenere successi in ambito calcistico non è un binomio scontato.
Quelli che ce l’hanno fatta
Le eccezioni sono poche, dicevamo. Però esistono. Sul bel gioco puntava Sacchi, che coniugava divertimento e risultati, calcio e spettacolo, tra fine anni ’80 e inizio anni’90. Il suo Milan riuscì a conquistare un campionato, una Supercoppa Italiana, due Coppe dei Campioni, due Supercoppe Europee e due Coppe Intercontinentali. Recentemente, è stato lo spagnolo Guardiola a fare scuola. Nel quadriennio 2008-2012, alla guida del Barcellona, ha inventato il cosiddetto tiki-taka, con cui, grazie al possesso palla, la sua squadra aggirava le difese avversarie. In quegli anni, oltre a divertire i propri tifosi, il Barcellona vinse, oltre ad altre competizioni nazionali, tre campionati, due Champions, due Superoppe Europee e due Coppe del Mondo per club. Questi risultati hanno permesso a Guardiola di esportare il tiki-taka (Bayern Monaco e Manchester City) e alla nazionale spagnola di sfruttarne l’onda lunga per conquistare due Europei e un Mondiale.
Il bel gioco nel calcio contemporaneo
Guardiola rimane il capostipite degli allenatori che ricercano il successo attraverso il bel gioco, ma altri stanno coniugando calcio e spettacolo. In Italia, gli esempi più lampanti sono quelli di Sarri e Gasperini. Il primo, al Napoli, proprio grazie al gioco espresso dalla sua squadra è andato vicino a sopperire alla differenza di qualità rispetto alla Juventus. Per vincere, però, al Chelsea e sulla panchina bianconera, Sarri ha dovuto derogare ai suoi principi, in favore della ricerca del risultato. Gasperini, invece, alla guida dell’Atalanta, ha rappresentato la sorpresa della Serie A degli ultimi anni. La società bergamasca ha, infatti, ottenuto due qualificazioni alla Champions, a cui mai aveva partecipato. In Europa, il tedesco Jurgen Klopp è stato capace, con uno stile di gioco rivoluzionario, di vincere una Champions e un campionato con il Liverpool.
Belli e perdenti
Chi preferisce uno stile di gioco incentrato sul “prima non prenderle”, può spesso giocare a suo favore la carta dei risultati. Sono tanti gli allenatori che su una tattica più accorta e sui propri successi hanno costruito la loro carriera. Da Trapattoni a Lippi, fino ai contemporanei Mourinho, Conte, Ancelotti e Allegri, la storia è ricca di allenatori che mettono il risultato davanti al bel gioco. Il palmarès sembrerebbe dar loro ragione. Al contrario, sono numerosi gli esempi di allenatori il cui tentativo di segnare un gol in più rispetto all’avversario è costato cara in termini di successi. Il capostipite di questi tecnici è Zeman, cultore di un calcio ultra-offensivo. Questo tipo di gioco lo ha portato a vincere in serie inferiori, ma lo ha lasciato all’asciutto di successi in Serie A.
Dunque, per riprendere l’iniziale domanda, nel calcio è meglio vincere oppure divertire il pubblico? Anche dopo questa rassegna la risposta rimane incerta. Quello che è sicuro, se pensiamo alle emozioni che le squadre di Zeman, Gasperini e altri allenatori con questa filosofia di gioco riescono a regalare, è che, nonostante quanto sosteneva l’ex presidente della Juventus Boniperti, vincere non è l’unica cosa che conta.
Simone Guandalini