Calcio e alimentazione: cosa c’è dietro la preparazione di un calciatore?

Calcio e alimentazione: cosa c'è dietro la preparazione di un calciatore?

Una volta sono andato a cena da lui e a tavola c’erano solo insalata, pollo e acqua“, raccontò Patrice Evra di Cristiano Ronaldo, suo compagno di squadra allo United. Un aneddoto che fa sorridere e pensare allo stesso tempo. Il mestiere che in tanti sognano da bambini, a quanto pare, richiede molti più sacrifici di quello che pensiamo. Quelli che per gli altri sono piccoli peccati di gola, per un giocatore potrebbero non essere concessi. Un sano rapporto tra calcio e alimentazione, infatti, è il cardine della vita di un calciatore professionista.

Ma in cosa consiste la dieta di uno sportivo? Al di là della routine mostruosa di CR7 e di altri top player, quali sono i segreti di un’alimentazione che possa dimostrarsi congeniale ad uno sforzo fisico del genere? Per saperne di più, abbiamo avuto il privilegio di intervistare il Dott. Vincenzo Longobardi, biologo nutrizionista responsabile anche del San Marzano Calcio. Laureatosi in biologia molecolare, ha studiato a lungo la correlazione tra calcio e alimentazione, cercando di spiegare, in. maniera semplice, i benefici di un sano rapporto con il cibo.




Quanto è importante affiancare un corretto e rigoroso regime alimentare alla preparazione atletica di un calciatore?

E’ uno degli aspetti più importanti per una società sportiva. L’obbiettivo comune di un nutrizionista e di un atleta è quello di migliorare le prestazioni, cercando anche di ridurre la stanchezza fisica ed il rischio infortuni. Mangiare in maniera corretta permette ad un giocatore di allenarsi meglio e di recuperare più velocemente dopo una partita.

Quali sono gli obbiettivi principali della dieta di un calciatore?

L’obbiettivo principale è quello di preservare e mantenere in salute il giocatore. Il nutrizionista deve monitorare costantemente gli indici di massa grassa, massa magra ed idratazione dell’atleta, sempre in relazione alle prestazioni. Per comprendere l’importanza di questo lavoro, basta pensare che, a causa di una leggera disidratazione, un calciatore può subire una riduzione del 30% del sua rendimento fisico. Il corretto timing dell’idratazione serve, inoltre, a diminuire il rischio infortuni.

Come si svolge il tuo lavoro presso una società sportiva?

Oltre a monitorare lo stato di salute, la composizione corporea, le prestazioni e l’alimentazione dei calciatori, il nutrizionista deve valutare la risposta fisica degli atleti e curarne la fase di recupero post-gara. Per giocare più volte a settimana ed essere sempre concentrati in allenamento c’è bisogno di tanta forza e l’alimentazione è un valido alleato per ottenerla.

E’ necessario elaborare una dieta personalizzata per ciascun giocatore o è sufficiente pianificarne una collettiva?

Nella maggior parte dei casi, elaborare un piano collettivo è sufficiente, però è giusto concentrarsi sulle diverse esigenze dovute ai differenti ruoli di gioco. Un difensore centrale, ad esempio, non brucia la stessa quantità di calorie di un attaccante che, dal canto suo, necessita di maggiore forza esplosiva per gli scatti e le accelerazioni. Nonostante ciò, si tende a studiare una dieta unica per la squadra, riservandosi la possibilità di dare consigli mirati ai singoli. Per quanto riguarda invece l’integrazione, è fondamentale che il piano sia specifico.

Esistono alimenti che prediligi rispetto ad altri e che ritieni maggiormente efficaci per la corretta nutrizione di un atleta?

Ovviamente si. Cerco di consigliare sempre carboidrati complessi con carico glicemico basso, proteine e grassi di buona qualità. Specialmente per chi deve giocare più partite alla settimana, è necessaria anche un’alimentazione di supporto.

In virtù della correlazione tra calcio e alimentazione, quanto è importante che una squadra professionistica investa in uno staff di nutrizionisti competente?

Penso sia una prerogativa fondamentale per una società sportiva che voglia puntare in alto.  Una corretta nutrizione permette di migliorare le prestazioni atletiche dei giocatori e di prevenirne gli infortuni. In ambito manageriale, un minor numero di infortunati ed una rosa maggiormente competitiva sono vantaggi incredibili anche per il bilancio societario.

Secondo te, nei settori giovanili delle società sportive si dovrebbe insistere maggiormente sull’educazione alimentare?

Uno studio dimostra che il 91,7% degli atleti è disposto ad imparare le nozioni di base di una corretta alimentazione per trarre dei benefici anche fuori dal campo. E’ un trend che solo negli ultimi anni è aumentato tra i calciatori, mentre prima non si poneva la necessaria attenzione alla correlazione tra calcio e alimentazione. Sfruttando l’incredibile potere attrattivo di questo sport, si dovrebbe insistere molto sull’educazione alimentare nei settori giovanili, in modo da crescere i futuri giocatori con una maggiore consapevolezza in questo ambito. In molti casi, un’attività di questo tipo aiuterebbe a prevenire le problematiche derivanti dalle cattive abitudini ed influenze in ambito domestico e familiare. Spesso, infatti, i bambini tendono ad imitare i comportamenti alimentari, e non solo, sbagliati dei loro genitori.

Quanto incide un rapporto malsano con il cibo sulla salute psicofisica e sul modo di relazionarsi agli altri? Che impatto ha in relazione al legame tra calcio e alimentazione?

L’alimentazione, specialmente se scorretta, incide molto sulla sfera psicofisica di un soggetto, sia esso uno sportivo o una persona comune. In ambito calcistico, l’influenza psicologica negativa dovuta alla cattiva nutrizione provoca un sensibile calo del rendimento e l’aumento di problemi all’interno dello spogliatoio. Oggigiorno, inoltre, stiamo assistendo ad un pauroso incremento dei casi di ortoressia, che spinge molte persone ad avere una cura maniacale nella ricerca dei cibi da mangiare o nella pianificazione rigorosissima degli orari dei pasti. Nelle situazioni più estreme, questi soggetti non mangiano mai fuori casa perché non riuscirebbero a controllare con esattezza la quantità di carboidrati e calorie assunte. In conclusione, un cattivo rapporto con il cibo, in qualsiasi direzione, rischia seriamente di minare anche la sfera sociale e i rapporti con le persone che ci circondano.

Da cosa è nata questa tua passione per la nutrizione?

Può sembrare una frase fatta, ma anche per me è iniziato tutto quando ero piccolo. Ho sempre amato mangiare e ho affrontato alcune problematiche relative al peso e alle allergie alimentari. Il cattivo rapporto con il cibo ha avuto un’influenza negativa a livello psicologico soprattutto in età adolescenziale. Questa situazione, però, mi ha dato l’ispirazione per quello che sarebbe poi stato il mio percorso universitario e lavorativo. Essendo un amante del buon cibo, ripeto, ho iniziato a ricercare il giusto connubio tra cibo e peso, ponendo questo obbiettivo alla base dei piani alimentari che prescrivo ai miei pazienti.

Com’è iniziata la tua carriera professionale e come sei arrivato ad occuparti di calcio e alimentazione?

Innanzitutto, essermi laureato come biologo molecolare, e non come biologo nutrizionista, mi ha aiutato molto nel mio percorso professionale. Finita l’Università, ho iniziato a consigliare una corretta alimentazione ad amici e parenti, riscontrando i primi risultati positivi. Le conoscenze di biochimica e biologia molecolare, appunto, mi hanno offerto un incredibile supporto in ambito nutrizionale, permettendomi di studiare al meglio i processi metabolici e curare l’alimentazione a 360 gradi.

Dopo aver iniziato il mio percorso lavorativo, ho avuto l’incredibile opportunità di seguire la squadra del San Marzano Calcio. Essendo, sin da piccolo, appassionato di questo sport, ho approfondito molto gli aspetti alimentari e nutrizionali del calcio durante gli anni universitari. Poter applicare le mie conoscenze in un mondo così vasto è un sogno che si realizza. Di certo, occuparsi della nutrizione di una squadra di calcio è molto più tecnico e impegnativo, ma ti gratifica davvero tanto. Per me è un onore far parte di una società che, soprattutto negli ultimi anni, sta investendo molto nello staff e anche nel mio ambito, portando avanti un progetto davvero interessante.

Qual è il punto cardine delle tue diete?

Il mio motto è: dimagrire con gusto. L’alimentazione che consiglio si basa su cibi semplici che riescano comunque ad invogliare il paziente a mangiare. Una dieta restrittiva è destinata a fallire miseramente. Sfido chiunque che ne segue una a resistere per più di sei mesi o a non abbuffarsi nuovamente dopo un crollo psicologico o a causa di periodi stressanti. Il primo step per un dimagrimento efficace è cambiare le abitudini scorrette, altrimenti, alla prima difficoltà, si rischia di ritornare al punto di partenza.

Pensi che in futuro la società possa avere una maggiore consapevolezza in ambito alimentare oppure no? La correlazione tra calcio e alimentazione potrebbe fornire il buon esempio?

Con l’esperienza ho scoperto che molti mangiano davvero male. Si tende a mangiare poco e in maniera scorretta, complici anche lo stress e il lavoro. Nonostante ciò, negli ultimi anni ho notato un’evoluzione positiva. Già la possibilità di trovare cibi integrali, bevande vegetali e tutti quei prodotti che, fino a poco tempo fa, erano estremamente rari nei supermercati, è un risultato incredibile per la nutrizione. Fortunatamente, le persone si stanno rendendo conto dell’importanza di una corretta alimentazione e di quanto le cattive abitudini influiscano sull’insorgenza di malattie come il diabete e perfino il cancro. Penso dunque che la situazione stia migliorando, nonostante ci sia ancora tanto su cui lavorare. Senza dubbio, essendo il calcio uno degli sport più popolari nel nostro paese, affidargli la diffusione di un messaggio così importante potrebbe influire positivamente soprattutto sui più giovani.

Pensi che lo Stato debba investire di più nell’educazione alimentare?

Decisamente si. Educazione alimentare ed educazione fisica sono fondamentali, soprattutto nelle scuole. Anche dal punto di vista economico, una società sana che gravi di meno sulla sanità pubblica gioverebbe alle casse dello stato. Avere anche una piccola percentuale di soggetti a rischio in meno sarebbe un risultato incredibile. Sarebbe fondamentale istituire anche la figura del nutrizionista di base, affiancandola a quelle già presenti del medico e dello psicologo.

Come convincere chi guarda con scetticismo la figura del nutrizionista?

In un mondo in cui sul web circolano migliaia di diete fai da te è difficile far capire alla gente quanto siano pericolose. La prima cosa che dico ad un paziente è che c’è differenza tra dimagrire con o senza l’aiuto di uno specialista. Dimagrire digiunando non comporta una perdita di massa grassa bensì di massa muscolare. Più alto è l’indice di quest’ultima, maggiore è lo stato di salute. Perdere peso in questo modo ti porta a conservare quel carico di massa grassa che ti impedisce di bruciare. Nel mondo della nutrizione, purtroppo, ci sono troppi ciarlatani che aumentano la confusione della gente. Tutti parlano di diete, promettendo risultati assurdi in maniera poco professionale. Per questo, penso che sia importantissimo fare tanta chiarezza a riguardo, aiutando le persone ad essere più consapevoli delle dinamiche biologiche alla base del nostro corpo.

In conclusione, quale potrebbe essere il tuo sogno nel cassetto per un futuro tra calcio e alimentazione?

Beh, essendo un grande tifoso del Milan, sarebbe incredibile poter lavorare all’interno dello staff di questa squadra per occuparmi dell’alimentazione dei giocatori. Sognare non costa nulla e poi penso che, lavorando con passione e professionalità, nulla sia impossibile.

Alessandro Gargiulo

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