Lo sapevamo da gennaio che ci sarebbe stato lo stop della busta paga in contanti. E quel giorno sta arrivando.
Stop alla busta paga in contanti
La legge di Bilancio lo aveva previsto: dal primo luglio la busta paga non potrà più essere pagata in contanti. Tutto questo per prevenire gli abusi e aumentare la tracciabilità degli stipendi.
Tutte le retribuzioni, per legge, dovranno essere corrisposte tramite altri strumenti che possono essere controllati. Tra questi figurano: bonifici, strumenti di pagamento elettronico e assegni. I pagamenti in contanti, invece, sono ammessi allo sportello.
La legge stabilisce che questo obbligo si applica per:
ogni rapporto di lavoro subordinato indipendentemente dalla durata e dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa
Rientra ogni busta paga relativa a contratti di lavoro a tempo determinato, part time, collaborazioni coordinate e continuative, lavoro a chiamata e lavoro presso cooperative.
Come sempre ci sono delle eccezioni. L’obbligo infatti non si applica alle Pubbliche Amministrazioni e ai lavori domestici: colf, badanti, baby sitter e compensi per gli stage.
Chi non rispetta questa regola sarà sottoposto a una sanzione pecuniaria che va dai mille ai cinquemila euro.
Le opinioni dei lavoratori
Titti Di Salvo, promotrice del provvedimento, ha dichiarato che questa misura è stata pensata per un motivo specifico. Si tratta infatti di tutelare i lavoratori che, per paura di perdere il posto, firmano una busta paga inferiore.
La norma entra in vigore in un momento particolare, un momento in cui si parla di limitazione dell’uso dei contanti. Ma che cosa ne pensano i lavoratori?
Come sempre non ci sono parere univoci. C’è chi da una parte ricorda abusi da parte di quei datori di lavoro che segnano quaranta ore settimanali per farne fare sessanta non pagate.
C’è chi ironizza dicendo che tra qualche anno la busta paga sarà onorata con pasta, zucchero e olio.
Infine c’è chi la vede da un altro punto di vista. Una busta paga tracciabile è di sicuro più “pesante” rispetto a una “sgonfiata”. In questo modo: più reddito uguale ISEE più alto, uguale meno esenzioni e più tasse.
Elena Carletti