Il business del PET: perché abbiamo bisogno di cambiare rotta

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Tra i materiali più utilizzati a scopo alimentare, e standard indiscusso per l’imbottigliamento, c’è il PET: cifra dietro la quale si cela una silenziosa rivoluzione dei consumi che, da circa metà dei ’70, ha invaso i supermercati di tutto il globo.

L’introduzione di questo materiale sul mercato è relativamente recente, molto più dei personal computer e di altri oggetti che hanno caratterizzato il XX secolo. Eppure, nonostante la bottiglietta in PET abbia poche decadi d’età, ci siamo talmente abituati al suo utilizzo che ci viene difficile immaginare una vita priva di questo strumento.

L’idea che l’uso del PET sia un traguardo irrinunciabile di una società civile si è man mano radicato nell’opinione comune, tanto da creare una seria minaccia per l’ambiente in un ristretto lasso di tempo. Circa quarant’anni per mettere a rischio un ecosistema sviluppatosi in milioni.

Se continuiamo imperterriti ad utilizzare questo materiale ci deve pur essere un motivo, magari giustificato da una decisiva serie di vantaggi. A dirla tutta il beneficio maggiore apportato dal PET sta nella facile trasportabilità dell’acqua, non più ostacolata dalla fragilità del vetro. Per il resto la qualità dell’acqua imbottigliata potrebbe essere equiparabile, se non inferiore, a molte delle acque correnti reperibili sul suolo nazionale. Con questo non si vuole negare che ci sono casi in cui le falde acquifere presentino una percentuale batterica sospetta, ma comunque, generalmente, è possibile testare la qualità dell’acqua del proprio rubinetto presso enti appositi.

Inoltre, l’acqua corrente deve sottostare a rigide regolamentazioni, mentre casse di bottiglie in PET potrebbero anche essere esposte al sole nella fase di smistamento/stoccaggio.

Nonostante l’Italia sia tra i paesi con la più alta qualità di acqua corrente (data anche la percentuale di sorgenti montane) è la prima nazione europea per consumo pro capite di acqua in bottiglia. Un dato che deve farci pensare, specie se si considera l’ammontare di sorgenti naturali disseminate per il belpaese.

Quello che va ulteriormente precisato è che l’impatto ambientale di questa plastica non sta solo nello smaltimento a seguito dell’utilizzo (si pensi alle isole di plastica formatesi nel Pacifico), ma anche nel processo stesso di produzione, che tende a produrre emissione di CO² a lungo andare insostenibili per l’ecosistema.

Se si vogliono avere maggiori dettagli sul business delle bottiglie in PET si può dare un’occhiata all’infografica che la tedesca TradeMachines ha dedicato all’argomento.


Il consiglio e augurio è che si faccia un uso più consapevole di un materiale che, nonostante abbia una forte resistenza a biodegradarsi, viene venduto come bene usa-e-getta.

 

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