Ombre sulla morte di Nkurunziza
Dal 18 giugno Evariste Ndayishimiye è il nuovo presidente del Burundi. Ha vinto le elezioni democratiche di maggio di quest’anno. Stando alla costituzione del poverissimo paese africano l’eletto alle presidenziali deve aspettare tre mesi prima di giurare. Qualsiasi tentativo di assumere il potere prima verrebbe considerato né più né meno che un colpo di stato. Ma la Corte Costituzionale burundese ha considerato il momento politico delicato. Il precedente leader, Pierre Nkurunziza, non ha potuto aspettare lo scadere del mandato. Circa due settimane fa è stato colto da un arresto cardiaco, mentre assisteva a una partita di pallavolo. È deceduto la sera di lunedì 8 giugno, presso il Fiftieth Anniversary Hospital a Karuzi. Il politologo burundese, con sede in Ruanda, Frederick Golooba-Mutebi, non esclude che l’attacco di cuore sia in realtà una farsa, per nascondere il fatto che il presidente sarebbe morto di Covid.
Il Burundi e la pandemia
Se quest’eventualità venisse confermata, metterebbe alla luce una terribile verità: il presidente del Burundi avrebbe negato una pandemia che esiste nel suo territorio e non avrebbe preso neanche la più piccola precauzione per proteggere la popolazione. Mentre tutto il mondo correva ai ripari, Nkurunziza si è fatto beffe del problema e ha continuato a permettere riunioni di massa.
Subito i poteri al successore
La notizia ha lasciato attoniti popolazione civile e analisti politici. Inizialmente era previsto un regime ad interim dello speaker del Parlamento Pascal Nyabenda, regime che sarebbe dovuto durare fino al 20 di agosto. Invece, i piani sono cambiati, il Burundi non può permettersi incertezza politica in questa fase storica. Trasferire immediatamente i poteri a un altro governante impedisce l’insorgere di disordini sociali.
Due presidenti dello stesso partito
Secondo i politologi c’è da aspettarsi una continuità fra i due presidenti, entrambi appartenenti al Consiglio Nazionale per la Difesa della Democrazia (CNDD-FDD), partito fondato nel 1994 dopo l’assassinio di Melchior Ndadaye, presidente eletto, colpevole di essere di etnia Hutu. Inizialmente, il partito era un gruppo ribelle durante la guerra civile del Burundi, che insanguinò il paese dal 1993 al 2005. Ebbe termine proprio con l’entrata in carica di Nkurunziza, capo del Consiglio Nazionale. Gli esperti si augurano, tuttavia, che vi siano elementi di discontinuità. Tutto dipende da quanta ideologia politica e quante aspirazioni sono effettivamente condivise dai due presidenti. Anche il 32% dei burundesi che non ha votato il partito di maggioranza spera nella discontinuità. Per esempio si vorrebbe dare maggiore attenzione data alla cooperazione internazionale.
Fuori dalla guerra civile
La presidenza di Nkurunziza avrebbe potuto essere una grande opportunità per il Burundi di emanciparsi dalla guerra civile, ma non è stato così. Le numerose violazioni dei diritti umani, le uccisioni senza processo hanno contribuito a fomentare un clima ben poco pacifico. Tuttavia, Nkurunziza non è mai stato un leader onnipotente e non ha mai preso il controllo totale del partito. A differenza di quanto molti si aspettavano, non ha tentato di avere un altro mandato oltre il 2020, forzando la costituzione.
Il suo successore, Ndayishimiye, ha la possibilità di mettere fine alla lenta spirale di paranoia e autodistruzione in cui il Burundi sta precipitando dopo la fine della guerra civile. Occorre portare ossigeno in una politica soffocata e riallacciare le relazioni con i vicini.
Cecilia Alfier