Gli ufficiali dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) hanno recentemente lanciato un appello in riferimento ai burkinabé espulsi dal Ghana al confine, auspicando il rispetto delle leggi internazionali e una maggiore accoglienza da parte del Ghana.
Il report e le richieste delle Nazioni Unite
La notizia arriva direttamente dall’ “Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati” (“United Nations High Commissioner for Refugees”, o “UNHCR”), che ha espresso la sua preoccupazione per quello che sta succedendo al confine tra Ghana e Burkina Faso. Nello specifico, pare che centinaia cittadini burkinabé che varcano il confine in cerca di asilo politico e protezione internazionale, tra cui soprattutto donne e bambini, vengano deportati e espulsi dal Ghana.
Nel breve report di “UNHCR” viene inoltre nominato il principio di non respingimento, principio fondamentale sancito dal diritto internazionale. Denunciando questa violazione da parte del Ghana, la richiesta delle Nazioni Unite è infine quella di accogliere i rifugiati, e di collaborare al fine di offrire loro non solo asilo politico, ma anche un posto in cui dormire e nutrirsi.
Infatti nel report viene citata anche la collaborazione avvenuta pochi anni fa tra Nazioni Unite e governo ghanese atta a sostenere l’accoglienza di ben 8000 cittadini burkinabé che hanno cercato accoglienza dopo essere fuggiti dal loro Paese d’origine. Nell’ambito di questa cooperazione infatti era stato inaugurato nella regione Nordorientale un centro di accoglienza gestito congiuntamente dal “Ghana Refugee Board” e dall’ “UNHCR”, con una capacità di 4000 persone, per trasferire i rifugiati burkinabé lontano dal confine per motivi di sicurezza. Sempre secondo il report, il Ghana ha una lunga storia di rispetto degli obblighi internazionali nei confronti dei rifugiati, e quindi l’auspicio finale è che il Paese torni a collaborare in modo da salvare le vite dei migranti.
I motivi dietro le migrazioni
I motivi che spingono a questo tipo di migrazione sono solitamente problemi legati al Paese d’origine: povertà diffusa, guerre in corso o forme di repressione che spingono parte di una popolazione a tentare il raggiungimento di un altro Paese nella speranza di un miglioramento delle proprie condizioni. Anche questo caso, come ci si potrebbe aspettare, non è da meno.
Il Burkina Faso infatti si trova da ormai diversi anni in una condizione di enorme instabilità, dovuta a diverse ragioni. Per avere un’idea più precisa possiamo citare il report di “Global Terrorism Index” di pochi mesi fa, in cui il terrorismo presente nei confini del Burkina Faso viene considerato il “più letale al mondo“. Ciò quindi sta spingendo diversi cittadini burkinabé, tra cui principalmente donne e bambini, a intraprendere un viaggio sperando di poter superare i confini del Ghana senza esserne espulsi.
L’inizio di questo lungo periodo di instabilità e terrorismo può essere ricondotto al 2014, quando un’insurrezione popolare aveva permesso la deposizione di Blaise Compaoré, che aveva detenuto il potere per quasi 30 anni e aveva reso il Burkina Faso uno stato autoritario. Poco dopo però l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica Roch Marc Christian Kaboré e il suo insediamento a inizio 2016, a Ouagadougou avviene il primo attentato nella storia del Paese.
Nel corso degli anni i combattimenti si sono intensificati vertiginosamente, aumentando di numero e di violenza. Ora come ora infatti, i principali gruppi terroristi presenti in Burkina Faso controllano complessivamente circa 40% del territorio, come riferito dalla “Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale”. Come se non bastasse, anche a livello politico l’instabilità è alta: nonostante Kaboré sia stato rieletto per un secondo mandato nel 2020, l’aumento delle vittime civili e militari e la perdita di territorio hanno causato problemi a livello di consensi popolari, fino a causare ben due colpi di stato militari nel 2022 che hanno portato alla sua deposizione.
Le condizioni dei cittadini burkinabé espulsi dal Ghana
Il contesto in cui si trovano i cittadini burkinabé espulsi è quindi molto chiaro agli occhi della comunità internazionale, ma questo non sembra cambiare le posizioni problematiche che hanno adottato Paesi come il Ghana. Oltre ad andare apparentemente in controcorrente rispetto alle posizioni degli anni passati, l’atto di espulsione dei migranti crea un pericoloso precedente per altri potenziali movimenti migratori che si svilupperanno nella stessa zona e nel resto del mondo.
C’è anche da dire che, più che creare un precedente, l’atteggiamento del governo ghanese rafforza questo approccio che in realtà è già stato adottato da diversi Paesi nel mondo. Basti pensare alla politica europea di respingimento dei migranti: nonostante si cerchi di non far passare quest’idea a livello mediatico, nei fatti l’Europa ha dato chiari segni negli ultimi anni di non voler soccorrere i migranti e di non voler accoglierli sul proprio territorio. Il recente caso in Grecia ne è un esempio lampante: nonostante le belle parole e le dichiarazioni mitiganti delle forze dell’ordine, c’è una buona probabilità che le autorità si siano rifiutate di soccorrere i migranti fino a che il barcone al largo della costa non si è ribaltato, causando centinaia di morti e dispersi.
Viene infine da chiedersi, con tono forse polemico, come mai in questo e in altri casi europei l’ONU non abbia mai parlato di violazione del diritto internazionale; seguendo le denunce di queste violazioni in tutto il mondo, sembrerebbe quasi che a praticarle siano sempre solo Paesi del terzo mondo e del sud globale, e mai da parte dei Paesi più ricchi e potenti. I fatti però, come al solito, suggeriscono un’altra realtà.