Dal pensiero orientale agli Ambienti di Fontana
Da un proverbio cinese, attribuito non in maniera unanime a Confucio, a una serie di opere di Lucio Fontana; a prescindere da chi possa realmente vantare la paternità della frase, si legheranno i due capi del filo che vogliamo tendere nel pieno rispetto dell’antisistema di pensiero del filosofo orientale: una frase, un esempio da cui derivare l’insegnamento per specifici comportamenti futuri, questa volta utilizzato per “fare luce” da un determinato punto di vista, per orientare una possibile lettura di alcuni Ambienti dell’artista italiano novecentesco.
Proverbio cinese: un gatto nero in una stanza buia
“La cosa più difficile di tutte è di trovare un gatto nero in una stanza buia, soprattutto se non c’è il gatto”. Una frase che può essere letta addentrandosi nel buio che popola i meandri della mente umana, le idee prive di giustificazione nella vita quotidiana che offuscano attraverso ipotesi impalpabili la capacità di giudizio del reale.
Il primo Ambiente di Fontana
Una luce a questa oscurità l’ha donata Lucio Fontana, con i suoi primi ambienti che animarono il panorama artistico italiano del secondo dopoguerra. L’opera che nel 1949 inaugura questa serie, infatti, come altre che propose successivamente, dota uno spazio chiuso di un buio del tutto artificiale: degli elementi di cartapesta, verniciati con un pigmento fosforescente, sono sospesi dall’alto in un “Ambiente nero”; quest’ultimo diventa tale data la copertura delle pareti con panneggi dello stesso colore e l’illuminazione con la luce di Wood, per la sua emissione di raggi ultravioletti; la particolarità della luce di Wood, inoltre, è proprio di rilevare la fosforescenza, consentendo quindi il profilarsi netto delle colorate sagome astratte disposte dall’artista in questo nulla.
Fosforescenze nello spazio livido
Fontana ha creato così segni nello spazio che sfondano i presupposti dimensionali delle tecniche tradizionali, secondo i quali aveva lavorato precedentemente e che sentiva ormai inadeguati. Nell’impalpabilità di uno spazio livido dove l’uomo perde i riferimenti canonici, lo spettatore si trova a doversi muovere e sentire in maniera inedita, avendo come unico anomalo sostegno gli elementi fosforescenti che galleggiano nello spazio in cui è avvolto.
Guardando nel buio secondo il proverbio cinese
Una luce che ha determinato il buio, ed entro di esso ricavati gli elementi di un ambiente che rompe con le normali coordinate psicofisiche in cui siamo abituati a pensare. È questa fosforescenza nell’oscurità, creata dallo stesso artista che ci riporta al proverbio dal quale eravamo partiti. Vedendo da questa prospettiva, Fontana ci indica da dove provengano le maggiori oscurità, difficoltà, le distorsioni della spazialità in cui normalmente viviamo, e come in essa ciò che risulta nascosto, introvabile, possa invece guidarci in modo inedito. Bisogna seguire la luce che esso stesso emana, e non il colore nero di cui ulteriormente lo dipingiamo.
Giacomo Tiscione