Trent’anni fa, considerati da tutti “Brutti, sporchi e cattivi”, fuggivano da un Paese distrutto dal comunismo, per rincorrere il sogno di un’Italia innovativa che entrava nelle loro case attraverso lo schermo di una malconcia televisione.
Dalla nave Vlora sbarcano, l’8 agosto 1991, nel porto di Bari 20.000 cittadini albanesi dopo la caduta del regime comunista di Hoxha.
Dieci anni dopo uno di quei profughi sarebbe diventato uno dei miei migliori amici, clandestino prima, manovale, con due figli nati in Italia, oggi imprenditore edile.
Ieri erano gli albanesi “brutti sporchi e cattivi”, le donne tutte puttane, gli uomini tutti ladri. Sfruttati poi entrambi da noi italiani “onesti e timorati di dio”: le donne sulle nostre strade e gli uomini nei nostri cantieri.
L’altro ieri, durante i famosi sessanta lo dicevano dei meridionali “emigrati” a Torino in Fiat. Un’ondata migratoria che ha portati a un aumento vertiginoso della popolazione e alla crescita di atteggiamenti di rifiuto ed esclusione.
Oggi lo dicono dei migranti africani.
Era e continua a essere la ruota della disumanità che gira e sotto il cui peso le nostre coscienze vengono schiacciate.
Oggi quale è la vera emergenza?
Le migrazioni umane o il sempre più rapido cambiamento climatico?
Le prime, come abbiamo visto con “l’invasione albanese” del 1991 ha avuto effetti positivi sul medio e lungo periodo e questo vale per tutte le migrazioni
Il secondo avrà effetti “negativi” molto più significativi sul lungo periodo. E chi non vede gli effetti del cambiamento climatico da noi causato (dalle piogge torrenziali agli incendi) o è cieco o è in malafede.
Sono ormai i social media che stabiliscono le priorità e le emergenze e l’opinione pubblica non può fare altro che adeguarvisi in mancanza di un pensiero critico organizzato che faccia argine ad un pensiero debole nella grammatica della realtà ma potente in quella dell’immaginario.