I Paesi BRICS si stanno avvicinando sempre di più a un’unione monetaria rivale. Stanno, infatti, “sviluppando un sistema di scambio monetario più equo” per sfidare l’egemonia del dollaro USA. La valuta proposta potrebbe porre fine al dominio del dollaro? Parlare di una valuta comune che sostituisca il dollaro è, nella migliore delle ipotesi, un pio desiderio.
Il sistema economico internazionale dominato dagli Stati Uniti si sta rapidamente fratturando con la creazione di nuove istituzioni nel Sud del mondo. Da tempo, ormai, si parla della fine della supremazia del biglietto verde e della nascita di sistemi valutari alternativi.
A lungo visto come principale valuta di riserva mondiale, il dollaro sta man mano perdendo il suo predominio nella quota delle riserve valutarie internazionali. Nonostante, attualmente, sia utilizzato in circa il 100% degli scambi di petrolio. Oltre l’80% di tutto il commercio internazionale. Il 90% degli scambi di valute e poco meno del 60% di tutte le riserve valutarie della banca centrale. Inoltre, tutte le banche centrali del mondo, in pratica mantengono le proprie riserve in dollari. Malgrado ciò, tentano di diversificare le loro partecipazioni in valute come lo yuan, la corona svedese e il won sudcoreano.
Ed è in questo scenario che si fa sempre più strada la prospettiva di introdurre una nuova valuta comune. A seguito delle recenti difficoltà finanziarie globali e dell’aggressiva politica diplomatica statunitense. I Paesi BRICS, Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, vogliono creare, difatti, una nuova valuta di riserva che sia sostenuta da un paniere di ciascuna delle loro valute nazionali. La nuova valuta, ancora in fase di studio e sviluppo, consentirebbe a questi Paesi di affermare la propria indipendenza economica. Pur competendo con il dollaro USA.
La guerra commerciale degli Stati Uniti con la Cina e le sanzioni statunitensi contro Russia e Cina sono al centro di questa difficile situazione. Il dollaro USA potrebbe subire un forte impatto se i Paesi BRICS creassero una nuova valuta di riserva. Forse diminuendo la domanda. Ciò avrebbe conseguenze sia per l’economia statunitense che per l’economia mondiale.
Negli ultimi anni i BRICS, un tempo visti come una libera associazione di diverse economie emergenti, hanno assunto una forma più concreta. Inizialmente guidati dalla Cina in seguito, dall’inizio della guerra in Ucraina, dallo slancio della Russia. L’alleanza BRICS da tempo si occupa di fornire un sistema migliore che aiuti gli Stati membri a crescere e svilupparsi. Fino ad ora, si è ritenuto che questo sviluppo fosse guidato dalle potenze occidentali, con i Paesi BRICS che cavalcavano le loro falde.
Ma, come chiarisce Subrahmanyam Jaishankar (Ministro degli Esteri indiano), non è più così. Gli stati BRICS sono sempre più intenzionati a trovare la propria voce e tagliare la propria strada. – E, con un’adesione in rapida espansione, ci sono tutte le ragioni per pensare che potrebbero avere successo in questo senso. Inoltre, tentano di posizionarsi come rappresentanti del Sud del mondo, fornendo “un modello alternativo al G7 “.
BRICS e Africa: partenariato per una crescita reciprocamente accelerata, uno sviluppo sostenibile e inclusivo multilateralismo.
Il prossimo summit dei capi di Stato e di Governo dei paesi BRICS potrebbe segnare una svolta decisiva verso un più accentuato processo multipolare della politica e dell’economia mondiale. Si terrà dal 22 al 24 agosto a Johannesburg, in Sudafrica, e vedrà anche la partecipazione di un folto gruppo di nazioni del Sud del mondo. Sono già 13 i paesi che si sono ufficialmente candidati a farne parte. Altri 6 quelli che hanno espresso il proprio interesse a parteciparvi.
Il gruppo dei potenziali aderenti comprenderebbe Arabia Saudita, Iran, Argentina, Emirati Arabi Uniti, Algeria, Egitto, Bahrein, Indonesia, due Nazioni ancora senza nome dell’Africa orientale e una dell’Africa occidentale. È probabile (o si presume) che emergano ulteriori dettagli entro l’estate.
Tema del vertice sarà “BRICS e Africa: partenariato per una crescita reciprocamente accelerata, uno sviluppo sostenibile e inclusivo multilateralismo.” Si annuncia come un momento critico del progetto di minare il dominio (o l’influenza) occidentale sul mondo. Una delle chiavi di questo incontro, come annunciato dalla galassia dei media pro-Pechino/Mosca, è l’allargamento dell’adesione ai BRICS e, parallelamente, il lancio di una nuova moneta per il gruppo e gli altri potenziali aderenti.
In questa prospettiva, l’Africa sta cercando di riattivare il vecchio progetto di una moneta continentale comune per il commercio. Il progetto della moneta unica si basa sul Trattato di Abuja, firmato il 3 giugno 1991 in Nigeria per aumentare l’autonomia economica e contribuire allo sviluppo e all’integrazione economica del continente.
Nel 2018 tutti gli Stati membri dell’UA, ad eccezione dell’Eritrea, hanno firmato l’accordo AfCFTA, il più grande patto commerciale al mondo dalla creazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Secondo un rapporto della Banca mondiale, questo accordo dovrebbe aumentare il reddito dell’Africa di 450 miliardi di dollari e sollevare 30 milioni di persone dalla povertà estrema entro il 2035
Allo stesso modo, in diverse aree dell’Africa si discute sulla creazione di una moneta comune a livello regionale. Ad esempio, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) ha annunciato nel dicembre 2019 che avrebbe trasferito il franco CFA in una valuta unica chiamata ECO. Come parte del processo di integrazione monetaria.
Inizialmente, il lancio dell’eco era previsto per il 2020. Ma a causa del covid-19 e del fatto che molti Paesi non soddisfacevano i criteri per l’emissione della moneta unica, come il controllo dell’inflazione, è stato necessario posticiparne il rilascio al 2027.
La motivazione dietro i BRICS.
Le Nazioni BRICS vogliono essenzialmente ridurre la dipendenza globale dalla valuta statunitense e dall’euro, servendo al contempo meglio i propri interessi economici. Obiettivo principale è, appunto, quello di lanciare una “nuova valuta di riserva globale”. Allo scopo di favorire commerci e investimenti, all’interno del gruppo e con altri Paesi emergenti, senza dover utilizzare il dollaro.
Senza, quindi, doversi sottoporre al controllo e all’influenza di una potenza esterna e senza dover pagare una tassa per il “servizio”. Non si tratta di creare una moneta circolante, come l’euro. Essi stanno, invece, analizzando i passi necessari per la creazione di una moneta di conto, come l’ECU fu utilizzato in Europa negli anni che hanno preceduto l’Euro. Da parecchio tempo stanno studiando l’esperienza europea dell’ECU. E l’Unione Europea, inspiegabilmente, sembra ignorare questo passaggio storico.
Il primo strumento della futuribile architettura guidata dai BRICS è la New Development Bank. Fondata nel 2012 con un capitale iniziale di 100 miliardi di dollari USA con l’obiettivo di mobilitare risorse per infrastrutture e progetti di sviluppo sostenibile nei BRICS e in altre economie di mercato emergenti e paesi in via di sviluppo, “a complemento degli sforzi delle istituzioni finanziarie multilaterali e regionali per la crescita e lo sviluppo globali”. Hanno creato, inoltre, un meccanismo di liquidità chiamato Contingent Reserve Arrangement per supportare i membri alle prese con i pagamenti.
Le nazioni BRICS potrebbero trarre vantaggio da una nuova valuta in diversi modi, tra cui un commercio transfrontaliero più efficace e una maggiore inclusione finanziaria. La valuta ha il potenziale per trasformare il sistema finanziario mondiale utilizzando la tecnologia blockchain, le valute digitali e i contratti intelligenti. I paesi BRICS e altri paesi potrebbero beneficiare di una maggiore integrazione commerciale ed economica grazie a pagamenti transfrontalieri senza attriti.
Ciò ha il potenziale per rafforzare ulteriormente la cooperazione economica tra le nazioni BRICS e ridurre l’influenza degli Stati Uniti sugli affari mondiali. La sua implementazione di successo può anche fungere da seme di incoraggiamento per la formazione di partenariati tra altre nazioni per creare valute regionali. In effetti, i BRICS potrebbero ridurre l’influenza del dollaro USA come valuta di riserva in tutto il mondo e contribuire a ridurre il pericolo di volatilità globale come risultato di azioni unilaterali e di un calo della dipendenza dal dollaro USA.
La valuta BRICS potrebbe porre fine al dominio del dollaro?
I cambiamenti proposti nel sistema finanziario globale presentano sia sfide che opportunità per aziende. Tuttavia, l’adattamento a un nuovo sistema monetario richiederà di affrontare potenziali sfide, compresi i diversi sistemi economici e livelli di sviluppo tra le nazioni BRICS. Inoltre, qualsiasi allontanamento dal dollaro USA, attuale valuta di riserva globale dominante, potrebbe avere implicazioni di vasta portata per il sistema finanziario globale e l’economia statunitense
La creazione di una valuta comune non è un’idea nuova, ma se una tale valuta venisse mai raggiunta, è improbabile che sostituisca il dollaro. Esisterebbe in aggiunta al sistema monetario globale basato sul dollaro. Un po’ come l’euro. Nel caso dell’Europa, il processo dagli accordi bilaterali a una moneta comune ha richiesto quasi 50 anni.
I principali successi istituzionali sono stati l’istituzione nel 1950 dell’Unione europea dei pagamenti (UEP). La fornitura di fondi dal Tesoro degli Stati Uniti per coprire le carenze di liquidità, poiché tutti i regolamenti erano in oro o dollari. Poi l’istituzione del sistema di compensazione delle unità monetarie europee e l’introduzione del euro. – Prima come valuta di compensazione e successivamente per uso pubblico generale.
Fase in cui i sostenitori dell’euro furono accusati di scavalcare l’accordo politico degli Stati membri. La Banca dei Regolamenti Internazionali agì come agente di compensazione sia per l’UEP che per l’ECU.
Tutti i Paesi membri del BRICS hanno la Cina come principale partner commerciale e poco commercio tra loro. L’ancoraggio al renminbi e l’allineamento dei loro tassi di cambio bilaterali sarebbero il primo passo importante. Allo stesso tempo, dovrebbe essere istituito un meccanismo per fornire credito in renminbi ai Paesi che registrano deficit commerciali, come l’India e il Sudafrica. Dovrebbero essere istituiti un’organizzazione simile all’UEP e un agente di gestione come la BRI.
La Cina dovrebbe assumersi l’onere di mantenere a galla un tale sistema di compensazione. Ciò significa istituire il meccanismo e le istituzioni. Fornire fondi sufficienti per sostenere una carenza di liquidità e fornire uno strumento di riserva per depositare fondi in eccedenza. Inoltre, occorrerebbe rimuovere gli ostacoli alla fungibilità del renminbi in quanto l’offerta eccedentaria di altre valute dovrebbe essere liberamente convertita in renminbi e utilizzata da altri paesi, eliminando il problema evidenziato da Lavrov.
Tutto ciò stimolerebbe l’ internazionalizzazione del renminbi e aumenterebbe la pressione sulla Cina per liberalizzare il proprio conto finanziario. Entrambi hanno importanti ramificazioni per la politica monetaria interna del Paese. La Cina sta già facendo i conti con le conseguenze derivanti dall’utilizzo dei suoi accordi di scambio di valute per sostenere i Paesi in difficoltà di pagamento. Finora, la Cina è molto lontana dalla benigna negligenza che gli Stati Uniti hanno adottato per aiutare gli europei a stabilire il proprio sistema di compensazione multilaterale e la propria valuta.
Impatto sul resto del mondo.
L’economia nordamericana e gli investitori che operano al suo interno potrebbero essere significativamente influenzati da un’ipotetica transizione verso una nuova valuta BRICS. I settori e le industrie che potrebbero essere maggiormente colpiti sono il gas e il petrolio, la finanza e le banche, il mercato delle materie prime e la tecnologia per il commercio e il turismo.
I paesi BRICS hanno mostrato una maggiore collaborazione e vogliono rivedere il sistema finanziario basato sul dollaro. Per proteggere i loro interessi derivanti dalla loro rivalità geopolitica con gli Stati Uniti e alla luce della possibilità di future sanzioni contro di loro, Russia e Cina stanno guidando il movimento di de-dollarizzazione all’interno dei BRICS.
India, Brasile e Sud Africa hanno sostenuto le osservazioni dei BRICS secondo cui il sistema finanziario globale dovrebbe essere cambiato e dovrebbero esserci maggiori possibilità di incoraggiare l’uso delle valute nazionali nel commercio internazionale. Per ridurre la loro dipendenza dal dollaro e aumentare la loro indipendenza finanziaria, tutte le nazioni BRICS hanno agito.