Anche il mondo dello show business è diviso sulla Brexit.
L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, sancita con un referendum popolare e causa di lunghe diatribe politiche all’interno dello stesso partito conservatore, promotore dell’iniziativa, diventa un punto cardine del dibattito culturale, con una lunga schiera di artisti che hanno abbracciato delle posizioni precise.
Grandi rockstar del passato e del presente, scrittori, registi, attori e intellettuali, che spesso su temi politici hanno avuto una visione comune, riguardo la Brexit sono nettamente divisi tra, chi vuole uscire e chi vuol restare.
Brexit; leave or remain?
Il coming out politico sulla Brexit è iniziato in realtà nei giorni successivi al fatidico referendum; né furono testimoni, ad esempio i redivivi Beatles, Paul Mc Cartney e Ringo Starr. Entrambi, pur se con idee differenti, scelsero di non votare, a causa dell’eccessiva confusione che il tema dell’uscita dell’UE aveva scatenato nell’opinione pubblica.
Un tema condiviso, col senno di poi, da Sting e Roger Daltrey; storico front-man dei Who e che accese un dibattito permanente sulla scelta manichea fra il Sì e il No.
Sul fronte contrario alla Brexit c’è stata una convergenza trasversale fra artisti di varia natura e identità: lo dimostra la lettera aperta, da parte di numerose star della musica britannica alla premier Theresa May, per mettere in guardia il governo di Londra sui pericoli riguardanti l’uscita dall’Unione, da parte del Regno Unito.
Tra i firmatari: il leader dei Blur Damon Albarn, Jarvis Cocker dei Pulp, Sting, Morrisey, Nick Mason dei Pink Floyd, Bon Geldof e l’ex Queen Roger Taylor, cui hanno fatto seguito anche Ed Sheeran e Rita Ora.
Tutti sono concordi nel sostenere la tesi secondo cui la brexit potrebbe recare enormi danni e costi più elevati all’ecosistema discografico inglese, il cui giro d’affari annuale è stato quantificato dal Times in 4 miliardi e mezzo di sterline.
Anche J.K. Rowling, la madre di Harry Potter, che da scozzese a suo tempo, votò per restare nel Regno Unito, ha addirittura sfidato l’opposizione pro-Brexit con la proposta di un nuovo referendum.
Al mainstream musicale fanno eco circa 280 star del cinema, tra cui gli attori Jude Law, Keira Knightley, Benedict Cumberbatch, il regista Danny Boyle, Mick Jagger, Elton John e lo scrittore John Le Carré, che hanno firmato una lettera pubblicata sul Telegraph nel quale si afferma come la Brexit sarebbe un «danno» per l’industria culturale nazionale, minando fortemente il primato di cinema, musica e arte made in England.
Il fronte comune anti-Brexit ha utilizzato ovviamente tutti i canali social, le campagne pubblicitarie, oltre alla faccia degli artisti, puntando anche sulle icone più moderne della storia inglese, tra le celebri strisce pedonali di Abbey Road, immortalate dalla “passeggiata” dei Fab Four, per celebrare la cultura e il prestigio di un’intera nazione.
Un prestigio che il Regno Unito ha sempre avuto e su cui il fronte pro-Brexit ha fatto leva, criticandone la strumentalizzazione eccessiva e la progressiva perdita del valore acquisito nel corso degli anni prima dell’ingresso in Europa.
Forse è questo il filo di Arianna che ha tenuto insieme tante celebrità degli anni ’60 e ’70, probabilmente nostalgiche verso un’epoca d’oro, fatta di eccessi, rivoluzione e innovazione, nella quale ognuno di loro è riuscito a creare un simbolo, unico e poliedrico, a dispetto della progressiva omologazione stilistica, culturale e politica degli anni ‘2000.
E così sul fronte del leave, è possibile trovare grandi attori del calibro di Michael Caine e Joan Collins. La sorpresa “a metà” è data dalla posizione dell’ex Pistols per eccellenza; Johnny “rotten” (il marcio), Lydon, che dagli attacchi alla regina in piena epopea punk, si rinnova a ribelle attempato, ma che guarda alla nazione in un’ottica più identitaria.
Un brexteer di rilievo è Bruce Dickinson degli Iron Maiden il quale, pur non dimostrando velleità destrorse, ha spiegato la sua scelta secondo ragioni economiche (maggiore flessibilità) e affermando come sia lo stesso sistema eurocentrico a favorire i populismi di destra.
Un elemento è comunque condiviso da più parti: la determinazione e il corretto gusto della retorica, che è nel DNA inglese, devono tornare a diffondersi tra i cittadini che, motivati dalle nuove prospettive di cresciuta di un paese che non ha avuto gli stessi contraccolpi dell’Italia e della Grecia, si ritrovano a poco più di due mesi dal divorzio ufficiale, spauriti, confusi e soprattutto poco informati.
Fausto Bisantis