Aveva 26 anni Breonna Taylor.
Una notte dello scorso marzo tre agenti di polizia del dipartimento di Louisville (Kentucky), Jonathan Mattingly, Brett Hankison e Myles Cosgrove, hanno fatto irruzione senza preavviso nell’appartamento in cui Breonna Taylor dormiva col suo fidanzato, Kenneth Walker.
Quest’ultimo, colto di sorpresa, ha pensato si trattasse di una rapina. L’uomo ha così chiamato il 911 ed ha poi esploso un colpo con la pistola che deteneva legalmente. In risposta al colpo i tre agenti ne hanno sparati 32, alla cieca, ferendo Walker ed uccidendo Breonna Taylor, infermiera afroamericana di 26 anni.
Da quella notte, più volte i manifestanti hanno chiesto giustizia per Breonna.
In vista della sentenza, a Louisville era previsto il coprifuoco alle 21:00. Inutile dire che l’ondata di proteste, legata anche al movimento #BlackLivesMatter, è esplosa in una rivolta. Un giornalista dell’Associated Press riporta che i manifestanti nel centro di Louisville hanno cercato di evitare i blocchi della polizia, ma gli agenti in tenuta antisommossa e veicoli militari hanno bloccato le strade. Nella città di Kentucky sono stati sparati colpi di pistola contro due agenti. A Washington i manifestanti si sono diretti verso la Casa Bianca, partendo dal Dipartimento di Giustizia. A New York, invece, si sono radunati al Barclay Center di Brooklyn per poi dirigersi verso Manhattan.
Anche nel centro di Portland, città fulcro della serie di manifestazioni contro la brutalità della polizia, centinaia di persone sono scese in strada nonostante la notte piovosa, davanti al Centro di giustizia della contea di Multnomah.
“Whose life mattered? Breonna Taylor!” (“Di chi contava la vita? Breonna Taylor!”).
Questo era lo slogan della protesta. Molte donne afroamericane si sono inoltre rivolte alla folla, incoraggiando le persone a votare e continuare a premere per il cambiamento.
La sentenza, infatti, non è per nulla piaciuta a chi chiedeva giustizia.
Uno dei poliziotti, Brett Hakinson, rischia 15 anni di carcere per condotta negligente, ma non per aver ucciso la ragazza. I suoi due colleghi, invece, non hanno subito alcuna incriminazione.
Il procuratore del Kentucky, Daniel Cameron, ha detto:
Secondo la legge del Kentucky erano giustificati all’uso della forza per proteggersi. Questa giustificazione ci impedisce di perseguirli per la morte della Taylor.
L’uomo si riferisce, ovviamente, ai due agenti non incriminati. Per quanto riguarda Hakinson, invece, la negligenza consiste nell’aver sparato in direzione di un appartamento nelle vicinanze, mettendo a rischio la vita di altre persone.
Pare quindi che, per la legge statunitense, l’uccisione di Breonna Taylor non sia un fatto rilevante.
Kent Wicker, avvocato dell’agente Jonathan Mattingly, si è così espresso sulla sentenza:
La morte di Breonna Taylor è una tragedia. Ma gli agenti non hanno agito in modo non professionale. Hanno svolto il loro compito e non hanno infranto la legge.
Il legale della famiglia Taylor invece, Ben Crump, sostiene che la decisione del Gran Giurì è offensiva. Anche la candidata democratica alla vicepresidenza, Kamala Harris, è intervenuta sul caso. La donna ha affermato di non aver ancora avuto modo di leggere la sentenza, ma che «Non c’è dubbio che la famiglia di Breonna Taylor meritava giustizia ieri, la merita oggi e la meriterà domani».
Dobbiamo continuare a pronunciare il nome di Breonna Taylor, sostenere la sua famiglia ancora in lutto e non rinunciare mai a garantire la piena promessa dell’America a ogni americano.
Così aveva invece twittato John Biden, candidato democratico alla Casa Bianca, per poi aggiungere:
La violenza non è mai e non potrà mai essere la risposta, Jill e io stiamo pregando per gli agenti colpiti a Louisville.
Trump? Il Presidente ha ben pensato di concentrarsi sulla condotta del procuratore generale del Kentucky. Il suo commento è stato:
È una star, sta facendo un lavoro fantastico. La giustizia non è sempre facile.
Manifestazioni di indignazione e di cordoglio sono intanto arrivate da parte di rappresentanti dello star system e dello sport. Justin Bieber, George Clooney, Oprah Winfrey e LeBron James hanno infatti chiesto giustizia e promesso il loro impegno a favore di questa battaglia.
Mariarosaria Clemente