Il Coronavirus è arrivato anche in Brasile, il Paese più esteso del Sud America. Venerdì pomeriggio, alla Reuters il Ministro della Sanità brasiliano ha ammesso che addirittura i morti non sarebbero i poco più di trecento appena dichiarati, bensì molti di più. La situazione in Brasile – ma in tutta l’America latina – rischia di diventare un focolaio sub-continentale se non vengono prese misure specifiche. Il Governo ha invitato i cittadini a stare a casa, ma ha anche lasciato sguarnite di prevenzioni i quartieri più poveri delle città. Le favelas, note in tutto il mondo per la criminalità, per il governo locale sono un peso. E allora, in questi giorni, lo status quo cambia e ora le gang mantengono le restrizioni in queste zone disagiate.
I capi di queste bande stanno facendo circolare messaggi sui social e su WhatsApp che intimano le persone a rimanere in casa. Sempre che di casa, poi, si possa parlare. Nelle favelas brasiliane molti dormono in abitazioni fatiscenti, costruite in legno o lamiera, in cui molti vivono in uno spazio per pochi. Ma i messaggi inviati sono chiari, e uno di questi recita: “Chiunque verrà trovato in giro o a camminare verrà punito severamente”.
Le gang mantengono le restrizioni, ma con le minacce
Queste bande criminali sono caratterizzate dal loro uso della violenza, e il loro territorio, è proprio quello più sguarnito di controlli statali. Così, i gruppi paramilitari hanno iniziato a far rispettare le distanze, a non far uscire le persone da casa. E’ da intendersi che lo scoppio di un focolaio nelle favelas condannerebbe a un contagio illimitato di molti. Dunque, le gang mantengono le restrizioni sfruttando il proprio potere bellico, compiendo azioni autoritarie nei quartieri più poveri delle città brasiliane.
Secondo il Financial Times, si stima siano più di undici milioni gli abitanti di questi barrios. E al quotidiano inglese, Robert Mugah, direttore dell’Igarapè Institute – un’azienda di ricerca think-tank di Rio de Janeiro -, ha spiegato:
“Con l’aumentare dei contagi, si sono dovute alzare le norme necessarie per la quarantena e di conseguenza è esploso il panico: in questo senso, le favelas brasiliane sono una bomba a orologeria”
Violenza e coercizione, ma senza di loro non ci sarebbe alcun controllo
Nonostante la situazione sia caratterizzata da atti coercitivi, il problema sarebbe ben più ampio senza l’intervento delle gang. L’urbanistica e l’architettura che definiscono questi quartieri rendono impossibile una totale operazione di controllo, ma questi gruppi, almeno, cercano di evitare una rapida espansione. Ma il loro intervento non risolverà la situazione. Infatti, questi sono quartieri sovraffollati, dove normalmente, le persone vivono alla giornata. Limitare loro le uscite per reperire i beni necessari occluderebbe ancora di più le loro già misere condizioni di vita. Ci sono migliaia di persone che, normalmente, non hanno accesso alle fonti di acqua potabile. Oppure, non hanno minimamente alcuna possibilità di rispettare le norme igieniche. Dunque è solo questione di tempo che anche nelle favelas, la situazione sfugga di mano.
In un articolo, il Guardian spiegava – tra le altre cose – che alcune gang criminali distribuiscono sapone e gestiscono gli ingressi alle fonti d’acqua per lavarsi le mani prima di entrare nella favela. Ma il problema non può essere risolto così: gli abitanti di questi quartieri sono un numero spropositato per essere gestito solo dai gruppi criminali. Nella City of God, la parte ovest di Rio, il commercio della droga continua nonostante il Coronavirus, e le gang, cercano di far rispettare gli accorgimenti igienici soprattutto per evitare un contagio nelle principali zone di spaccio e produzione. Per il momento, quindi, stanno cercando di limitare il danno tamponando dove possono con alcune norme sanitarie e l’uso dell’intimidazione, ma per gestire una pandemia in un sito del genere, la forza non basta.
Riccardo Belardinelli