Dalla sua vittoria di un anno fa, il presidente brasiliano Inacio Lula Da Silva, è diventato la stella dei colloqui annuali delle Nazioni Unite sul clima, promettendo di reprimere la deforestazione e di scagliarsi contro i piani petroliferi mondiali. Ora, però, ha annunciato che il Brasile entrerà nell’OPEC dal 2024.
Tra le contraddizioni di Lula il Brasile entrerà nell’OPEC dal 2024
Nel discorso della sessione di apertura della Presidenza della COP28 il presidente Lula esprimeva queste parole:
I governi non possono sottrarsi alle proprie responsabilità. Nessun paese risolverà i propri problemi da solo. Siamo tutti obbligati ad agire insieme oltre i nostri confini.
In quell’occasione discusse anche sul potenziale delle energie rinnovabili. Un discorso che rappresenta una contraddizione con le dichiarazioni fatte qualche ore prima in cui venne annunciato che il Brasile entrerà nell’OPEC dal 2024. Un Brasile che ospiterà la COP30.
Le contraddizioni di Lula sul clima non si evincono solo da queste dichiarazioni, ma da ciò che ha promosso e promesso dalla sua vittoria elettorale di un anno fa. Dalla sua elezione era diventato la stella dei colloqui annuali delle Nazioni Unite sul clima. Promise di reprimere la deforestazione e di trasformare il Brasile in una potenza leader ambientale e di scagliarsi contro i piani petroliferi mondiali dopo che il presidente Jair Bolsonaro aveva revocato tutte le normative e, anzi, incoraggiato l’accaparramento di terre in Amazzonia.
Tutti questi buoni propositi, insieme alla proposta di istituire un fondo “Tropical Forests Forever” e il lancio del programma “Arc of Restouration” sono stati oscurati dai piani che annunciano che il Brasile entrerà nell’OPEC dal 2024 e che metterà all’asta 603 nuovi blocchi di petrolio subito dopo la COP28.
L’OPEC è un’organizzazione di paesi esportatori del petrolio, tra cui la Russia. È nata nel 1960 con l’obbiettivo di costituire un cartello con lo scopo di unificare e coordinare le politiche relative alla produzione e all’esportazione del petrolio. Svolge un importante funzione di mediazione fra i loro interessi e ne protegge le economie contrastando le flessioni di prezzo del petrolio.
La giustificazione di Lula e il suo rapporto con il petrolio
Lula ha cercato di spiegare la decisione di entrare a far parte dell’OPEC chiarendo che il Brasile entrerà nell’OPEC dal 2024 come osservatore e non come membro a pieno titolo. Inoltre, in un evento alla COP28 ha spiegato che, una volta al suo interno, la nazione sudamericana avrebbe spinto altri Paesi produttori di petrolio a passare all’energia verde. Una spiegazione che, però, non elimina i dubbi, in quanto la compagnia petrolifera statale Petrobas è focalizzata su ulteriori esplorazioni petrolifere.
Il fatto che il Brasile entrerà nell’OPEC dal 2024 ha portato il Climate Action Network International ad assegnargli il “Fossil of the Day”, un non-premio assegnato ai Paesi le cui azioni sostengono i combustibili fossili. La presidente di Talanoa, un centro di ricerca brasiliano focalizzato sul clima, Natalie Unterstell ha commentato:
Lula non può essere un leader climatico senza una vera politica di transizione energetica
Nel 2006, quando furono scoperte enormi riserve di petrolio al largo delle coste brasiliane, Lula disse:
Questa scoperta…dimostra che Dio è brasiliano
Grazie a questa scoperta, secondo l’”Energy Information Administration” statunitense, il Brasile è il nono produttore mondiale di petrolio, con il 3% della produzione globale. È diventato così importante da essere il secondo prodotto di esportazione per il Brasile, con una produzione di 3,67 milioni di barili al giorno e la Cina è il maggior acquirente del Paese.
Secondo i dati dell’”Europan Climate and Health Observatory” una maggiore esplorazione di petrolio, e di conseguenza una maggiore produzione, rischiano di annullare o addirittura superare i guadagni derivanti dagli sforzi del Brasile per fermare la deforestazione entro il 2030.
Mentre Lula era impegnato ad annunciare che il Brasile entrerà nell’OPEC dal 2024, e quindi ad alimentare le proprie contraddizioni riguardo al clima, Gustavo Petro, il presidente colombiano, sembra assumere il ruolo di leader ambientale in America Latina. Petro si è unito a un’alleanza di nazioni che sostengono un trattato di non proliferazione dei combustibili fossili, in contrasto con la decisione del Brasile.