Ogni anno, l’Oxford English Dictionary sceglie una parola che rispecchia le tendenze e i cambiamenti della nostra società. Quest’anno, il termine selezionato è “brain rot”, un’espressione che, seppur coniato tempo fa, ha trovato nuova vita nell’era digitale. Popolare tra le generazioni più giovani, questo termine descrive un fenomeno che sta assumendo sempre più rilevanza: l’effetto devastante di un consumo eccessivo di contenuti online banali e privi di valore.
Anche quest’anno, l’Oxford English Dictionary ha scelto la parola che definisce il nostro tempo: “brain rot”. Questo termine, che potremmo tradurre come “marciume cerebrale”, nasce dallo slang di internet, ma ha una lunga storia che risale alla fine del 19° secolo. Seppur il concetto di “brain rot” sia antico, il suo significato attuale è evoluto, acquisendo un nuovo risalto nell’era digitale grazie alla sua diffusione tra i giovani e all’incremento del consumo di contenuti online.
Che cos’è il brain rot?
Il termine “brain rot” descrive un torpore mentale che colpisce chi passa troppo tempo sui social media, come TikTok e Reddit, consumando contenuti superficiali e spesso privi di valore intellettuale. Non è un fenomeno scientifico, ma un vero e proprio meme che gioca sull’autoironia. In genere, è associato all’apprezzamento di contenuti estremamente nonsense e surreali, come i meme di Skibidi Toilet o i video di balletti di gattini generati dall’IA. Questi contenuti, seppur divertenti, sono visti come simboli di un “consumo cerebrale” che non stimola il pensiero critico e l’intelletto, ma invece porta a un’apatia digitale.
Il termine ha guadagnato popolarità tra le generazioni Z e Alpha, che spesso lo utilizzano per descrivere l’effetto dell’eccessivo scrolling sui social media. Si parla di “brain rot” non solo per descrivere l’effetto negativo di un consumo eccessivo, ma anche per commentare l’assurdità dei contenuti che lo provocano.
La definizione dell’Oxford English Dictionary
L’Oxford English Dictionary definisce “brain rot” come una degenerazione mentale supposta, derivante dall’eccessivo consumo di contenuti online ritenuti banali o poco stimolanti. In altre parole, il termine si riferisce all’idea che un’esposizione continua a materiali digitali superficiali possa portare a una diminuzione delle capacità cognitive. Questa definizione, pur non essendo scientifica, ha trovato risonanza tra le generazioni più giovani, che percepiscono il fenomeno come una forma di alienazione dalla realtà.
L’ascesa del brain rot nell’era digitale
Il termine “brain rot” ha guadagnato un incremento significativo nell’uso, registrando un aumento del 230% tra il 2023 e il 2024, riflettendo le crescenti preoccupazioni per l’impatto del consumo eccessivo di contenuti digitali di bassa qualità. Sebbene la prima apparizione del termine risalga al 1854, nel celebre libro “Walden” di Henry David Thoreau, è nell’era digitale che il concetto ha trovato una nuova vita. Oggi, brain rot è considerato una metafora per i pericoli di un consumo online senza criterio, che mina la capacità di pensare in modo critico.
La parola dell’anno e la società contemporanea
La scelta di brain rot come parola dell’anno di Oxford non è casuale, ma riflette una crescente consapevolezza sociale riguardo alle problematiche legate alla vita virtuale e alla permeabilità della cultura digitale nelle nostre vite quotidiane. Il termine si inserisce in una conversazione culturale più ampia su come la tecnologia stia trasformando il nostro modo di vivere, di pensare e di interagire con il mondo.
Altri termini che hanno concorso per il titolo di parola dell’anno includevano “demure”, un sinonimo di timido e riservato, e “dynamic pricing”, il controverso sistema di prezzi variabili utilizzato dalle compagnie aeree e in altri settori. La vittoria di brain rot riflette dunque un crescente interesse per i pericoli della cultura di Internet, che mina le capacità mentali e intellettuali di chi si lascia travolgere dalla sua superficialità.
“Brain rot” è il segno di un’epoca in cui la tecnologia non solo trasforma le nostre vite, ma mette alla prova la nostra capacità di pensare e di discernere. Mentre le piattaforme digitali offrono opportunità di connessione e intrattenimento, è importante riconoscere i rischi legati all’eccessivo consumo di contenuti frivoli e privi di stimoli cognitivi. In un mondo in cui la cultura online è sempre più dominante, diventa essenziale riflettere su come utilizzarla in modo equilibrato e consapevole.