Botox: non solo le rughe spariscono, ma viene alterata la percezione delle espressioni altrui
La nostra empatia barattata con l’eterna giovinezza.
Ho paura delle capacità umane nella misura in cui esse si rivelano l’anti-umano per eccellenza.
Il Botox è un farmaco che deriva dalla tossina botulinica di tipo A. Questa è molto tossica a livelli alimentare, ma viene utilizzata nel campo cosmetico in quanto la sostanza in questione ha effetti di distensione dei muscoli facciali provocando una leggera paralisi delle zone trattate.
Il Botox distende le rughe di espressioni al fine di renderci più giovani, ma a quale prezzo?
Sulla rivista Toxicon (J.C. Baumeister, G. Papa, F. Foroni, “Deeper than skin deep-The effect of botulinum toxin-A on emotion processing”, Toxicon 2016), uno studio italiano della Sissa di Trieste ha dimostrato infatti che il Botox mina la capacità di comprendere le espressioni delle altre persone in quanto le punture di botulino sembra che abbiano effetti collaterali, non previsti, sui muscoli facciali.
Jenny Baumeister, la prima autrice dello studio, e gli altri ricercatori, basano la loro ipotesi sul concetto psicologico di embodiment, secondo cui noi siamo in grado di riconoscere e valutare in modo adeguato in quanto le riproduciamo noi stessi sul nostro viso – in modo più o meno consapevole. Il Botox impedirebbe proprio la riproduzione speculare dei nostri muscoli.
Baumeister dice (www.ansa.it):
«La paralisi fortunatamente temporanea dei muscoli facciali che questa tossina provoca compromette la capacità di cogliere il significato delle espressioni facciali altrui».
La ricercatrice ha eseguito vari test per valutare la comprensione delle espressione emotive su un campione di soggetti, immediatamente prima e dopo un paio di settimane da un trattamento estetico a base di Botox che ha confrontato con un campione di soggetti che non hanno ricevuto nessun trattamento.
L’effetto della paralisi è risultato evidente.
L’effetto negativo è risultato più evidente nel caso in cui le espressioni osservate non erano molto marcate. Il coordinatore dello studio,
Francesco Foroni, spiega che:
«Quando il sorriso è aperto ed evidente, i soggetti non hanno invece difficoltà a riconoscerlo, anche se sono stati sottoposti al trattamento. Per gli stimoli molto intensi la differenza nella prestazione, pur osservando una chiara tendenza al peggioramento, non era significativa. Per gli stimoli “ambigui” invece, più difficili da cogliere, l’effetto della paralisi era molto forte.»
A prescindere dal fatto che l’effetto di incapacità di riconoscimento delle emozioni altrui non sia permanente, davvero il bisogno di fermare il tempo, attraverso l’arresto delle rughe che indicano una vita che scorre, è così necessario?
Davvero siamo disposti a rischiare un danno permanente per cosa? Una ruga in meno?
Ma le rughe non rappresentano la fortuna di vivere lo scorrimento della vita?
Vanessa Romani