BORGES : 30 ANNI FA CI LASCIAVA IL GENIO ARGENTINO

Il 14 giugno 1986 moriva per un tumore, a Ginevra, Jorge Luis Borges, il massimo scrittore in lingua spagnola del Novecento. Aveva quasi 87 anni, era nato a Buenos Aires nel 1899.

Borges
“Dio creò il gatto, perché l’uomo potesse tenere una tigre in casa”

Le librerie sono zeppe di libriccini che perpetuano la mitologia pop cresciuta intorno al suo nome, o meglio al suo personaggio (ancor più che alla sua opera), tramandando una serie di aneddotti e battute.

Giudizi critici oppure motti di spirito (umorismo da biblioteca) che spesso sono geniali, divertenti o semplicemente frizzanti.

Fra questi, è noto ciò che Borges rispose a chi, presentandogli le condoglianze per la scomparsa della madre a 99 anni compiuti, recriminò “che peccato non abbia raggiunto i 100 !” :

–    “Temo che lei ecceda i pur notevoli benefici del sistema decimale”.

Con un simile precedente, quasi mi imbarazzo a scriver qui di Borges in occasione dei trent’anni dal suo ultimo giorno su questa terra fra di noi – cifra tonda.

Borges e la mitologia che nasce dalla realtà popolare

Mi consolo, per così dire, recriminando sul fatto che ogni giorno dovrei scrivere di lui e soprattutto leggerlo. Se la scusa che propizia la buona azione è una ricorrenza a base dieci, che sia pure : Borges non era snob, perchè sarebbe stato da borgatari, esserlo.

E lui, i borgatari, i bassifondi, li adorava: ma per questo sapeva di non potercisi mischiare, lui borghese.

Mi accorgo che in questo si rintraccia una sorta di paradossale vicinanza con un altro genio, che non so se sia mai stato accostatogli! come Pasolini.

Come quello, Borges aveva fatto della plebe suburbana, oppure rurale (i gauchos) una mitologia – ma diversamente da quello egli rimase consapevole che mitologia era, e che la sorgente di quel mito era ormai tutta letteraria, e solo attraverso il prisma (meno ingannevole che veritiero) della letteratura, ci si poteva rituffare.

 Jugar en serio

La letteratura nasce infatti nel divario (lo spread?) fra letteratura e vita.

Dicevo che Borges non era snob – pur essendo sommamente elitario, strenuamente elitario (sino ai cortocircuiti e alle sbandate politiche degli anni tardi).

Anche in questo forse si rintraccia una sua capacità di anticipare, sia pure del tutto involontariamente – e anzi forse controvoglia – i nostri tempi digitali e virtuali, quelli della società dello spettacolo.

Tempi in cui tutti vogliono stare sotto i riflettori immersi nel costume di massa, ma al contempo vogliono far i dandy ed essere elitari : facendo gli snob.

Dimostrandosi, tecnicamente, dei coatti.

Borges, lui poteva essere queste due cose insieme così diverse, perchè era un genio. Quindi era dandy e pop per natura – un ossimoro vivente, come certi personaggi della mitologia greca.

Lo era per natura, non per coartazione, come i coatti appunto, e gli snob.

Era Borges.

Così, in qualche modo misterioso, riuscì a diventare, com’è stato ben detto, “tutto per tutti” (o quasi!). Un vero classico, insomma.

Forse davvero l’ultimo classico- nel senso classico dell’espressione.

Quindi una somma di fraintendimenti.

Per essere elitario eppure tanto pop, citato e conosciuto da tanti che non solo non han letto i suoi libri – ma nemmeno i libri che citava e riscriveva e commentava e venerava nei suoi libri (e per lui questo era, l’importante: non i suoi libri, ma i classici che venerava, o che spesso invece disprezzava) – per essere giunto a tanto (e senza nessun ufficio marketing alle spalle, almeno sino a che il miracolo si era compiuto già, e si trattava solo di amministrarlo e implementarlo : il miracolo di essere popolare nel mondo, pur essendo tanto sofisticato, voglio ripeterlo) per essere giunto a tanto si può dire che Borges deve aver soddisfatto una fame, un bisogno profondo dell’umanità.

La fame di letteratura (nel senso che ho poco sopra detto).

Questo spiega, aldilà delle analisi più dettagliate, la miracolosa eppure così naturale fisionomia, passata alla storia, di un autore tanto citato – anche se scrisse saggi che sembravano racconti, racconti che sembravano poesia, poesia che sembravano saggi.

Altro che intertestualità.

Altro che disincanto del mondo moderno.

La risposta è stata: Borges.

Insomma: la natura paradossale, ambivalente, persino “ambigua” della sua opera riporta alla mia memoria lo Anfesibena: la creatura che procede contemporaneamente in eterno in due direzioni opposte – uno degli animali fantastici che descrisse in uno dei suoi libri più popolari.

Borges filosofo ?

Savater ha scritto che “il miracolo fondamentale operato da Borges è quello di aver trasformato il prototipo dello scrittore per pochi nell’autore di massa”. Sulla sua scia, fra gli altri, si è incamminato un filosofo come Eco – senza mai raggiungere quella vertigine artistica, ma attingendo comunque alle stessi fonti e con simile slancio.

Ma si può parlare anche di un Borges filosofo?

Lo spazio del web è pressochè infinito, come l’universo (“che altri chiama la Biblioteca”), ma la concisione è stato uno dei valori letterari, e morali, più praticati da Borges.

Per questo voglio stringere: soprattutto perché credo di aver capito il vero motivo per cui la concisione è stata così importante nella prosa, sublime, di questo grande maestro.

Perché la concisione (se accompagnata dalla capacità evocativa di interi universi e misteriosi sentieri) genera vertigine, e sconcerto, ed emozione.

Muove l’animo, e ferma il tempo portandoci nella dimensione ulteriore.

La letteratura davvero è magia ed evocazione di ciò che è presente, intensamente presente, proprio mentre qui ci sfugge, e scivola via dal pensiero e dalle mani inutilmente protese e strette. Ciò è l’arte.

La concisione è stato il suo segreto. Il lasciar andare, dopo aver ascoltato – come un canto delle sirene da non seguire, anche se non si può far a meno di rimpiangere. Perché non si può avere tutto.

L’altra lezione che ci ha lasciati, è l’importanza di dimenticare (sempre un lasciar andare): cosa che “Funes el memorioso”, che tutto in sé tratteneva di quanto vissuto, non poteva fare – e perciò ne soffrì e morì. Bisogna dimenticare, per poter ricordare (ri-cordare, tenere al cuore) ciò che davvero merita. Distinguere il vero, il falso, le finzioni ;  il reale, la menzogna, e il fantastico che a suo modo è vero.

Per non essere sommersi, più che immersi, nell’archivio digitale globale che sta per inghiottire la nostra vita.

Da parte del probabile evocatore di ciò che solo nell’anno della sua morte, 30 anni fa, comparve nella realtà(in Italia almeno) – e sto dicendo Internet, la rete delle reti, l’accumulatore di tutti i pensieri gli scritti e le esperienze, Babele – da parte di Borges, il massimo autore della letteratura fantastica di tutti i tempi : mi sembra una profezia e una lezione da tener ben presente.

ALESSIO ESPOSITO

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