I Borbone di Napoli hanno il pregio di aver introdotto numerose innovazioni in campo industriale, civile, culturale. Circa 200 anni fa inoltre progettavano già case con criteri antisismici.
I Borbone di Napoli già progettavano la messa in sicurezza delle case con principi antisismici che risultano ancora attuali. All’ indomani del tragico terremoto che ha colpito pesantemente le provincie di Lazio, Umbria e Basilicata, radendo al suolo numerosi edifici, ritorna il problema mai risolto della costruzione degli edifici con criteri antisismici. A quanto pare, questi criteri non sono prerogativa dell’epoca contemporanea ma già in tempi antichi erano conosciuti.
Negli anni di Regno a Napoli dei Borbone, ci fu una fioritura della civiltà con grandi innovazioni in numerosi campi. Basti ricordare la creazione della fabbrica di porcellana di Capodimonte, il primo vero impianto industriale moderno; le seterie di San Leucio e la prima vera ferrovia italiana che collegava Napoli a Portici con la nascita anche delle officine di Pietrarsa che diedero vita alle prime locomotive.
Ma non solo, i Borbone portarono l’acqua corrente nelle case, rendendo Napoli la prima città al mondo in questo campo. La prima nave a vapore nel Mediterrano fu realizzata a Napoli nel 1818. Napoli fu la terza città dopo Parigi e Londra ad avere l’illuminazione a gas nel 1839, e si potrebbero citare numerose altre invenzioni che resero la capitale del Regno un luogo davvero prospero.
Una di queste riguarda la progettazione delle case, secondo criteri antisismici. I Borbone crearono un Regolamento ad hoc per la messa in sicurezza delle case. Il progetto nacque a seguito del terremoto che colpì la Calabria meridionale nel 1783, uccidendo 30.000 persone.
Le tecniche antisismiche messe a punto 200 anni fa dai Borbone sono ancora attuali e integrate con tecnologie moderne, potrebbero essere utilizzate ancora oggi per mettere in sicurezza il patrimonio edilizio. Lo dimostra lo studio condotto dall’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ivalsa) di San Michele all’Adige (Trento) in collaborazione con l’università della Calabria.
In quel frangente, il governo borbonico rispose prontamente, attuando la ricostruzione nelle zone colpite. Le case furono ricostruite con una muratura rinforzata da un telaio fatto di legno. La struttura fu messa a punto dall’ingegnere Francesco La Vega, e fu poi definita nel corso dell’Ottocento con il nome di “casa baraccata“.
Francesco La Vega apprese i principi di costruzione romani in seguito alla partecipazione agli Scavi di Ercolano, voluti dai Borbone, che portarono alla luce numerose evidenze storico-artistiche altrimenti sconosciute. La Vega partecipò alle attività di recupero e studio dei reperti ed ebbe modo di osservare l’ Opus Craticium, cioè delle pareti dotate di un telaio in legno.
Grazie a questa soluzione, numerosi edifici ricostruiti dopo il 1738, hanno resistito a terremoti devastanti dell’epoca più recente. Un esempio: il Palazzo del Vescovo di Mileto (Vv), che riuscì a resistere anche al terremoto della Calabria nel 1905 e nel 1908 con magnitudo 6.9 e 6 della scala Richter. Inoltre, le abitazioni turche (Hımış) costruite con la tecnica dell’intelaiatura lignea hanno superato il sisma del 1999.
Secondo uno studio dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ivalsa) di San Michele all’Adige (Trento) in collaborazione con l’università della Calabria, il regolamento dei Borbone è ancora molto attuale e può essere replicato, integrandolo con le moderne tecnologie.
Il Regolamento prevedeva la costruzione di case non più alte di due piani e una rete di legno che fungeva da telaio sulla muratura, mentre per mettere in sicurezza gli edifici già esistenti, venivano demoliti i piani in eccesso così come i balconi ed altri elementi aggettanti. La soluzione attuata si è dimostrata efficace durante i terremoti futuri che hanno colpito l’Italia, perchè nessun edificio costruito o messo in sicurezza secondo tali criteri, ha subito crolli totali.
Secondo Nicola Ruggieri, architetto dell’Università della Calabria: “le tecniche, si basavano sull’idea che la rete di legno, in caso di scossa, potesse intervenire a sostegno della muratura. Adesso quelle tecniche potrebbero ispirare sistemi antisismici per mettere in sicurezza il patrimonio edilizio esistente magari – ha rilevato l’esperto – sostituendo il legno con alluminio e acciaio, per i quali l’industria è più preparata”. (Fonte ansa.it)
Attualmente è in corso uno studio per un progetto di ricerca che ha come oggetto la messa in sicurezza degli edifici pubblici, ispirato proprio ai principi antisismici del Regolamento borbonico.
Ancora una volta, il passato insegna al futuro.
Laura Maiellaro