Il conflitto in Ucraina e le sanzioni internazionali contro la Russia hanno innescato un boom economico dei paesi ex sovietici, in particolare nelle nazioni della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI). Queste economie, che comprendono molte delle ex repubbliche sovietiche, si sono trovate in una posizione favorevole per soddisfare la domanda di beni e servizi della Russia, rimasti vacanti dopo l’uscita delle aziende occidentali. Grazie a investimenti esteri diretti e a un nuovo dinamismo manifatturiero, molte di queste nazioni, dall’Asia centrale al Caucaso, stanno sperimentando una fase di crescita senza precedenti.
Effetti inaspettati delle sanzioni sulla Comunità degli Stati Indipendenti
Il conflitto in Ucraina e le severe sanzioni internazionali imposte alla Russia hanno avuto un effetto collaterale significativo: molti paesi della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), un gruppo di ex repubbliche sovietiche, hanno visto un’espansione economica senza precedenti. Di fronte al blocco dell’export di molte aziende occidentali verso la Russia, queste economie hanno colto l’occasione per coprire i vuoti lasciati dalle società internazionali e consolidare i propri legami commerciali con Mosca, convertendosi in nuovi attori chiave delle catene di fornitura russe.
Oxford Economics evidenzia come, già nel 2022-23, questi paesi abbiano beneficiato di ingenti investimenti esteri diretti (IDE) che hanno spinto la produzione industriale e sostenuto la crescita del PIL. Questo fenomeno interessa particolarmente le economie dell’Asia centrale, che da decenni coltivano strette relazioni economiche con la Russia. Kirghizistan, Uzbekistan e Armenia sono tra i maggiori beneficiari, diventando hub strategici per beni e servizi destinati al mercato russo, in un contesto in cui la domanda di prodotti è aumentata considerevolmente per effetto delle sanzioni.
Il ritorno della Russia come “Paese nodo” per gli investimenti
Un ruolo importante in questa nuova dinamica è svolto dalla Russia, che la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) descrive come un vero e proprio “Paese nodo” per gli investimenti nella CSI. La Russia funziona in modo analogo alla Germania nell’Europa occidentale, rappresentando la principale fonte di capitale e sviluppo per le economie post-sovietiche. L’eccesso di reddito proveniente dalle esportazioni di risorse naturali ha permesso a Mosca di sostenere le economie vicine, in particolare quelle più dipendenti, come il Tagikistan e il Kirghizistan, fortemente legate ai flussi di rimesse.
Paesi come Armenia e Georgia hanno visto aumentare sensibilmente gli IDE nel 2022, spinti anche dal massiccio afflusso di lavoratori qualificati russi che, in seguito alla mobilitazione militare russa, hanno preferito trasferirsi in queste aree. Questo afflusso ha rafforzato il settore tecnologico e dei servizi, con l’Armenia che ha registrato una crescita media del 41,5% nel settore IT e telecomunicazioni, trainato dal contributo di professionisti del settore trasferitisi dalla Russia. Anche il Kirghizistan e l’Uzbekistan hanno beneficiato di questi effetti, con una crescita IT rispettivamente dell’8,7% e del 25,5%, un cambiamento che posiziona la CSI come un nuovo polo tecnologico emergente.
Boom manifatturiero e il ritorno del turismo russo
Le sanzioni hanno inoltre accelerato la crescita nel settore manifatturiero della regione. Paesi come Bielorussia, Uzbekistan e Armenia sono stati in grado di conquistare una quota di mercato maggiore, fornendo alla Russia beni di consumo che le aziende occidentali non possono più vendere direttamente. L’Uzbekistan ha potuto espandere ulteriormente la propria capacità manifatturiera, supportata dalle riforme economiche già avviate nel 2016, mentre la Bielorussia ha registrato un incremento della produzione industriale del 15% nel 2023, favorito da una forte domanda russa di beni locali.
Il settore turistico è un altro comparto che ha beneficiato delle conseguenze indirette della guerra e delle sanzioni. Poiché le rotte aeree tra la Russia e l’Unione Europea sono bloccate e i costi per viaggiare in Europa sono aumentati, i russi stanno cercando alternative a buon mercato all’interno della CSI. Paesi come Armenia, Georgia e Uzbekistan hanno visto un incremento significativo dell’afflusso turistico, portando a un aumento degli investimenti nelle infrastrutture di ospitalità e creando nuove opportunità di sviluppo per le economie locali.
I benefici della domanda interna e delle politiche monetarie accomodanti
Un fattore cruciale per la crescita delle economie della CSI è stata anche la ripresa della domanda interna, sostenuta dall’aumento dei salari reali e da una relativa stabilità dei prezzi. L’inflazione ha registrato una flessione in paesi come Georgia e Armenia, permettendo alle rispettive banche centrali di adottare politiche monetarie accomodanti che hanno ridotto il costo del credito e facilitato l’accesso ai finanziamenti per le imprese. Questo ha avuto un effetto positivo sulle vendite al dettaglio, con paesi come Kirghizistan che hanno visto una crescita a due cifre nei consumi a partire dal 2023.
L’aumento della domanda interna è evidente anche in Azerbaigian e Kazakistan, dove la bassa inflazione e l’aumento dei salari hanno favorito un incremento delle vendite al dettaglio. L’Azerbaigian, in particolare, prevede una crescita della domanda interna del 6,3% nel 2024, rispetto al 2% del 2023. Questo scenario evidenzia come le economie della CSI siano state in grado di approfittare della congiuntura favorevole, ottenendo vantaggi a breve termine, ma anche gettando le basi per un potenziale sviluppo a lungo termine.
Le implicazioni economiche per i paesi dell’Asia centrale
L’Asia centrale è stata uno dei maggiori beneficiari delle dinamiche innescate dal conflitto, svolgendo un ruolo strategico come ponte commerciale tra la Russia e altre potenze economiche globali. Paesi come Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan hanno beneficiato dei maggiori flussi di IDE, soprattutto legati alla logistica e alla movimentazione delle merci, diventando partner cruciali per il trasporto di beni verso e dalla Russia.
Uno dei casi più rilevanti è quello del Kirghizistan, che ha intrapreso importanti progetti di sviluppo infrastrutturale, come la centrale idroelettrica Kambarata-1, che trasformerà il paese in un esportatore netto di energia elettrica. Questi investimenti strategici non solo rafforzano la posizione del Kirghizistan nella regione, ma garantiscono anche nuove fonti di reddito per il governo locale.
Le remittances e l’aumento della domanda di manodopera migrante
L’aumento della domanda di beni e servizi russi ha avuto un impatto diretto sui flussi di manodopera migrante verso la Russia. L’economia russa, nonostante le difficoltà, continua a richiedere manodopera e questa necessità ha sostenuto il flusso di rimesse verso economie più piccole, come il Tagikistan e il Kirghizistan. Oxford Economics riporta che l’elevata domanda di lavoratori ha generato un forte incremento nelle rimesse, garantendo un sostegno importante ai consumi interni di queste nazioni e contribuendo in modo significativo al loro PIL.
Il flusso migratorio verso la Russia non è tuttavia privo di complicazioni: la crescente necessità di controllo delle frontiere ha portato a misure più restrittive dopo eventi di tensione interna, ma la domanda russa di forza lavoro non qualificata continua a trainare i trasferimenti di denaro, sostenendo la crescita delle economie più fragili.
La CSI come nuova potenza economica regionale
In sintesi, il boom economico dei paesi della CSI rappresenta un fenomeno unico nel panorama economico eurasiatico. Grazie ai cambiamenti indotti dalle sanzioni, l’Asia centrale e il Caucaso hanno acquisito nuove opportunità economiche, che stanno ridefinendo il loro ruolo nella regione. Con un tessuto industriale in espansione, una crescente capacità di attrarre investimenti e un settore turistico in crescita, le economie della CSI si configurano come il nuovo polo economico post-sovietico, offrendo prospettive di sviluppo sostenibile e un’integrazione sempre più solida con la Russia.