Boom dell’imprenditoria immigrata in Italia

I lavoratori stranieri e, soprattutto, l’imprenditoria immigrata, rappresentano, oramai, degli elementi strutturali dell’economia nazionale. Ce lo confermano le anticipazioni del prossimo Dossier Statistico Immigrazione (2022) del Centro Studi e Ricerche IDOS.

Il 27 Ottobre 2022 verrà presentato il nuovo Dossier Statistico Immigrazione, che ogni anno offre una panoramica sulla situazione degli stranieri in Italia. Le anticipazioni fornite dal Centro Studi e Ricerche IDOS mettono in evidenza la crescente importanza degli stranieri residenti nel mercato del lavoro. Stando agli ultimi dati, rispetto al 2020, gli occupati immigrati sono cresciuti del 2,4%, mentre gli stranieri residenti incidono maggiormente sul numero dei lavoratori (10%), che sul quello della popolazione complessiva (8,8%). Inoltre, si è registrata una continua crescita delle imprese a conduzione straniera, aumentate dell’1,8% rispetto al 2020. L’imprenditoria immigrata è un fenomeno in continua espansione, e, assieme alle altre forme di lavoro straniero, racchiude un potenziale prezioso per risollevare la stagnante economia italiana.

Il contributo dei lavoratori stranieri

Da anni, gli stranieri residenti in Italia non sono più una componente considerabile transitoria, sia a livello sociale, che economico. Tangibile è il sostegno che i lavoratori immigrati stanno portando all’economia nazionale. Dati alla mano si può, infatti, facilmente smentire coloro che continuano ad accusare gli immigrati di “pesare” sul nostro sistema di welfare.  Come rilevato sempre dal Centro Studi e Ricerche IDOS, nel 2020

Il saldo netto tra uscite economiche (28,9 miliardi) ed entrate (30,2 miliardi) legate all’immigrazione è stato, ancora una volta, positivo di circa 1,3 miliardi di euro a vantaggio delle casse dello Stato.

Numerosi sono però gli ostacoli che limitano la possibilità agli stranieri di svolgere un lavoro regolare.

In primis,  troviamo una discutibile normativa in materia d’immigrazione.  Non solo, attraverso il Decreto flussi,  ogni anno viene fissato un tetto limite ai lavoratori stranieri – nel 2022 tale quota è stata delimitata a 69.700  unità-, ma le procedure relative al rilascio di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato o autonomo sono eccessivamente lunghe e complesse.

Inoltre, il permesso di soggiorno per lavoro subordinato è vincolato alla sussistenza di un contratto di lavoro. Questa clausola, oltre ad aumentare la condizione di incertezza e vulnerabilità di molte persone immigrate, spinge molti ad accettare offerte di lavoro sfavorevoli e impieghi demansionati rispetto al livello di formazione posseduto (ben il 63,8% svolge professioni non qualificate o operaie, e la quota di sovraistruiti è del 32,8% – 42,5% tra le sole donne – contro il 25,0% degli italiani).

 

La crescita dell’imprenditoria immigrata

Il desiderio di svincolarsi dalla dipendenza dal datore di lavoro e di valorizzare le proprie competenze, sono solo alcuni dei fattori che spiegano come mai il trend dell’impresa immigrata in Italia sia in continua crescita.

Fino agli anni Novanta, il lavoro autonomo era consentito solo agli stranieri che avevano acquisito la cittadinanza italiana, o provenienti da Paesi verso i quali si dirigeva l’immigrazione proveniente dall’Italia. Nel 1998 però, la legge Turco-Napolitano ha rimosso i suddetti vincoli, che limitavano l’accesso al lavoro autonomo per gli stranieri. Una volta aperte le vie della legalità, le attività autonome guidate da persone immigrate si sono diffuse rapidamente.

 

Un trend in costante aumento

Nei primi anni di apertura dell’attività imprenditoriale agli stranieri, l’imprenditoria immigrata è cresciuta a velocità vertiginosa. Secondo l’archivio di Unioncamere, dal 2000 al 2007  le persone immigrate hanno costituito una media di 24 mila imprese al mese. Al 31 dicembre 2007 gli stranieri residenti in Italia titolari d’impresa erano 225.408.

Imprenditoria immigrata
Fonte: propria elaborazione su dati Unioncamere e Centro Studi e Ricerca IDOS.

Questo trend, seppur più lentamente, è continuato a crescere. Al giorno d’oggi si contano 642.638 attività imprenditoriali a conduzione immigrata, le quali costituiscono il 10,6% del totale delle imprese registrate in Italia.

Sicuramente il contesto economico-produttivo italiano favorisce lo sviluppo delle attività di piccole e media impresa. Secondo le statistiche rilevate dall’Istatil lavoro autonomo incide in Italia per circa un quarto della popolazione complessiva (25,6%),  con oltre 4 milioni e mezzo di imprese (il 95% sono micro-imprese, con meno di 10 dipendenti).

Nonostante il contesto favorevole, tuttavia, il Governo italiano non ha sempre agito a sostegno dell’imprenditoria immigrata. Basti pensare all’introduzione, nel 2018, della cosiddetta “vigilanza etnica”.  A discapito dei principi Costituzionali (Art. 3 Cost.), che vietano le discriminazioni su base etnica, l’Ispettorato del Lavoro ha assunto l’incarico di svolgere maggiori controlli sulle imprese gestite da stranieri.

Le nuove richieste del mercato italiano

Sebbene le regolamentazioni limitino le opportunità per gli stranieri, le trasformazioni del contesto sociale e del mercato italiano hanno posto condizioni favorevoli al proliferare dell’imprenditoria immigrata.

Come nota Olha Kostyuk, in Italia, negli ultimi decenni, è notevolmente cresciuto il fabbisogno di fornitori indipendenti di beni e servizi. Secondo l’economista:

Il mutamento dei gusti dei consumatori, la richiesta di beni, prestazioni e servizi personalizzati, continuano ad alimentare una domanda di operatori economici indipendenti.

Basti pensare, ad esempio, alla crescente influenza della cucina etnica sulle abitudini alimentari degli italiani! Le nuove domande del mercato hanno, quindi, sicuramente creato un ambiente favorevole al lavoro autonomo di piccole dimensioni.

Inoltre, lo stanziamento definitivo di molti nuclei familiari stranieri (nel 2021 si è registrato un aumento del 14% dei permessi di soggiorno per motivi familiari), ha contribuito ad aumentare la richiesta di una serie di prodotti “etnici”. Le persone immigrate hanno, pertanto, assunto un ruolo di rilievo sotto il profilo demografico, occupazionale e socio-culturale.

Distribuzione e natura delle imprese a conduzione straniera

Fonte: elaborazione Unioncamere su dati Infocamere.

Come si può facilmente dedurre, i settori prediletti dall’imprenditoria immigrata sono quelli del commercio e dei servizi. Secondo i dati forniti da Unioncamere, nel 2021 rappresentavano rispettivamente il 22,6% e il 29,6% delle imprese straniere.

Un altro importante settore è sicuramente quello dell’edilizia, dove l’incidenza delle imprese a conduzione immigrata raggiunge il 15,1%. Questo dato conferma l’ipotesi della “successione ecologica”, secondo cui i dipendenti delle aziende di costruzioni italiane hanno, nel tempo, sostituito i propri datori di lavoro.

Stando sempre al rapporto di Unioncamere, la forma giuridica più diffusa tra le imprese avviate dagli stranieri è quella della ditta individuale. Questo dato è in linea con le più complesse traversie burocratiche e difficoltà di accesso al credito per gli stranieri rispetto ai cittadini italiani.

Infine, un dato interessante riguarda la concentrazione territoriale delle imprese straniere. Nonostante l’incidenza più alta si registri nelle zone del Centro-Nord (dove l’ultimo rapporto del Gruppo Studi e Ricerca IDOS ha rilevato la presenza del 77,4% delle imprese straniere in Italia), il fenomeno ha registrato un notevole incremento anche nel Mezzogiorno.

In anni recenti, si legge nel rapporto, l’incremento delle imprese straniere ha, infatti, interessato soprattutto le regioni del Sud Italia. Al primo posto troviamo la Campania, che, dal 2013, ha registrato un aumento di oltre il 50% delle imprese avviate da persone immigrate. L’impresa si è rivelato così una strategia efficace per fronteggiare la scarsa possibilità di inserimento nel lavoro dipendente.

Il valore dell’imprenditoria immigrata

Nel complesso, i dati qui esposti testimoniano la crescente importanza dell’imprenditoria immigrata in tutte le regioni e nei diversi settori dell’economia italiana.

Riprendendo sempre le parole di Kostyuk, potremmo dire che, se adeguatamente valorizzato, questo fenomeno

potrebbe aprire nuove possibilità di sviluppo occupazionale, promuovendo la nascita di nuovi servizi e l’intensificazione dei rapporti commerciali con i paesi d’origine. 

L’imprenditoria immigrata, così come il lavoro delle persone straniere in generale, rappresenta, in definitiva, una risorsa importante per la crescita e l’innovazione del Paese. Un potenziale che, se adeguatamente valorizzato, potrebbe rivelarsi più prezioso che mai in questa fase di crisi globale.

Eva Moriconi

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