All’Italia, non per la prima volta in queste righe, è stato affibbiato l’appellativo “bonuslandia”; e a Roma, sede capitale dei palazzi del potere e indi luogo d’origine delle misure, potrebbe attribuirsi un toponimo corrispondibile con la stessa radice: “bonusopoli”. Le nomee citate sono di una giustezza indiscutibile. I fautori protagonisti dei “bonus”, pertanto, se li meritano di riflesso questi accostamenti; in un conferimento che non deve necessariamente saper di polemica o di sola positività, ma che ha bisogno d’essere discusso nelle sue convenienze e nei suoi discapiti.
Regali per tutti e per tutto!
I nostri statisti agiscono costantemente formulando “decreti ad agevolazione economica” come se nel Belpaese non avessimo un erario a cui dar conto, o come se ne avessimo uno ricco a cui dare poca considerazione. Così, fazioni politiche disparate hanno dato nel tempo vita a una lunga e irricordabile serie di “bonus”. Alcuni di utile entità, altri di affermabile superfluità. Dal 2020 con il governo Conte, all’attualità del 2022 con il governo Draghi e, si prevede, sin nel futuro con il governo “x” s’è operata, s’ opera e s’ opererà un’abbondante emanazione di questo tipo di misure. Oggi, sancisce il Patronato Enasc-Unsic, i “bonus” attivi sono addirittura 35. Tra questi, i maggiormente riscossi e i più noti sono: bonus cultura, bonus 200 euro, bonus psicologo, bonus animali domestici, bonus trasporto pubblico.
Bonus sui bonus, impennata alla tendenza
Ad avallare la predizione fatta riguardo la sopravvivenza, e, oltre, l’incremento prossimo del genere d’azione governativa, è l’approvazione, avvenuta giovedì sera, del decreto legge “Aiuti bis” da parte del Consiglio dei Ministri. Tale novità porterà a un dispendio ancora superiore delle risorse monetarie statali a supporto del tipo di iniziative in questione. Sono finora stati stanziati a proposito 35 miliardi di euro. A questi, con la recente approvazione, ne verranno addizionati 17 miliardi. I fondi serviranno a protrarre la lungaggine delle leggi già agenti e a istituirne due nuove, generando quindi due nuovi “bonus”.
Discussione sull’attitudine: ideologia e dietrologia a fondamento del fenomeno
La singolare “vocazione all’aiuto” deve il suo largo progresso e, prima ancora, la sua ampia base, a, credo io redattore, due sostanziali motivi ideologico-pratici. Primo: i “bonus” adornano, aggradano e abbelliscono la faccia del Paese etichettata “grado di civiltà”. Sui fronti Nazionale e Internazionale si dà notevole merito alle scelte. Dai cittadini Italiani si ingaggia il consenso, dai leader, più che dai comuni abitanti, europei si trae una mutata considerazione del prestigio italiano. Si apprezza la cura con cui lo Stato guarda ai bisogni, soprattutto secondari e terziari, della propria popolazione.
Secondo perché dietro all’inclinazione: l’Italia rimane coerente al suo sistema economico sinistroide, a beneficio delle masse di inoccupati e di lavoratori precari. In questo senso si può affermare che la politica dei bonus segua quella stessa del reddito di cittadinanza. Il complesso di queste leggi è un mezzo d’ausilio per le dilaganti classi poco abbienti. Si mira a risolvere la povertà rendendola meno acuta, piuttosto che ad aumentare la ricchezza in altro modo.
In questo articolo non si proporrà completamente la critica sui tossici o i salubri effetti di questa dottrina. La riflessione libera vi è comunque stata posta davanti. Per amore dello sviluppo, sono davvero preferibili supporti e supporti collaterali anziché incentivi a pro dell’impresa individuale?
Gabriele Nostro