La Libia torna sotto i riflettori internazionali
Gli sviluppi della situazione in Libia tornano nelle prime pagine dei giornali. Il bombardamento dell’unico aeroporto funzionante della capitale libica, quello di Mitiga, pur non avendo causato morti, riporta i riflettori sulla delicata situazione geopolitica e umanitaria di un paese prostrato, in cui flussi di sfollati, flussi di armi e diplomazie ne hanno fatto il crogiuolo di guerre e devastazioni.
L’attacco aereo è firmato Haftar
Secondo le accuse del governo di Tripoli, i responsabili dell’attacco aereo sono le forze armate del generale Khalifa Haftar, che stanno da giorni muovendo verso la capitale per occuparla, dopo aver assoggettato la regione orientale e meridionale del paese. Quelle di ieri e di oggi sono state giornate di scambi ed accuse, che hanno da subito coinvolto l’America. Gli Usa hanno intanto annunciato il loro defilarsi, dichiarando il ritiro di un numero non precisato di uomini. Le forze americane si ritraggono dai combattimenti, dopo aver fin ad ora garantito un governo debole e dopo aver consentito l’avanzata di Haftar. Il ritiro ovviamente sarà parziale, ma quello che conta è l’aspetto simbolico. I segnali concreti non sono quelli della quotidianità diplomatica, ma quelli che emergono nei momenti di crisi.
L’aeroporto è stato riaperto ma gli sfollati sono in aumento
L’aeroporto è stato riaperto all’alba di stamattina per i voli generali mentre i voli speciali già da ieri sera partivano dall’unico aeroporto della capitale rimasto in funzione. Frattanto, il numero di persone in fuga sale di giorno in giorno. Si contano già 3000 o più sfollati, tra i quali molti civili intrappolati tra i combattenti che non possono mettersi al sicuro. Ahmed Wali, un consigliere comunale di Tripoli, ha raccontato che si è “rischiata una strage”. Il bombardamento dell’aeroporto civile di Mitiga è avvenuto mentra stava per decollare un aereo con circa 200 persone a bordo diretto in Arabia Saudita per il pellegrinaggio alla Mecca.
Le ripercussioni sono anche economiche
Le ripercussioni non sono solo umanitarie. A risentirne è anche il mercato del petrolio con i prezzi a rialzo per il timore di una diminuzione dell’offerta causata dal blocco, almeno parziale, della produzione libica. Una telefonata è intercorsa lunedì sera tra il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, e il premier libico Fayez al-Sarraj, come ha riportato la pagina Facebook del Governo di accordo nazionale libico. Durante il colloquio, cha ha riguardato “gli sviluppi e le ripercussioni dell’aggressione che la capitale di Tripoli e altre città libiche hanno subito da parte delle forze del generale Haftar”, il premier Conte ha ribadito la condanna dell’attacco da parte dell’Italia, quale minaccia alla stabilità politica e alla vita dei civili, auspicando alla fine del conflitto.
Una dialettica bipolare in un mondo multipolare
Il bombardamento aereo giunge all’indomani di una svolta politica piuttosto rilevante: la Russia ha bloccato, grazie al potere di veto, una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu che condannava l’avanzata del generale. In risposta, con una dichiarazione del segretario di Stato Mike Pompeo, gli Usa hanno intimato al generale di interrompere le sue operazioni militari. Federica Mogherini, capo della politica estera dell’Unione Europea, ha chiesto il cessate il fuoco e esortato le parti a riprendere la negoziazione politica. L’Europa cerca di mediare, ma il teatro libico sembra investito dell’immeritato ruolo storico di retaggio del bipolarismo, che tante vittime umane sta causando. La dialettica è quella bipolare, ma la situazione storica, geopolitica e, in ultimo, ideologica, non rispecchia più tale linguaggio.