Globalizzazione 4.0, le strategie del neocapitalismo e la grande scalata asiatica; questi alcuni dei temi principali in programma alla riunione annuale del World Economic Forum che si apre ufficialmente oggi a Davos, in Svizzera, fino al 25 gennaio.
Nel mare magnum degli oltre 3.000 leader del mondo imprenditoriale, finanziario, governativo, accademico, della società civile, delle arti e della cultura, si dovranno stabilire prerogative e obiettivi sul mondo di domani.
Il summit prevede circa 350 sessioni di lavoro, durante le quali i grandi del pianeta dovranno discutere di ambiente, cybersecurity, riforme istituzionali, in vista delle prossime sfide globali sulla crescita economica del pianeta.
Un evento che unisce i colossi del capitalismo globale, mostrando purtroppo le consuete e sempre più evidenti contraddizioni di un sistema destinato a cambiare volto; un po’ come sta accedendo nello scenario politico internazionale.
L’avanzata delle destre e del populismo sta cercando di imporsi anche sulle politiche finanziarie e ambientali; non è un caso, infatti, che quest’anno a Davos vi sia una marcata evidenza di “astri nascenti” e grandi assenti.
Fra i cosiddetti esordienti della politica, ha fatto già parlare di sé la presenza di Jair Bolsonaro.
Il nuovo presidente del Brasile, con la sua politica controversa e conservatrice, è dato già come uno dei protagonisti del summit di quest’anno.
Jair Bolsonaro, il presidente poco operaio e più reazionario degli ultimi anni, dopo aver già mostrato ampiamente il suo volto anti-establishment che gli è già valso l’appellativo di “Trump sudamericano”, ha annunciato la sua partecipazione su quello che è ormai l’organo ufficiale della comunicazione politica; ossia Twitter.
C’è da chiedersi sui modelli e le strategie che Bolsonaro intenderà esporre in Svizzera, per la sua ricetta di un “Brasile diverso”, senza ricadere negli slogan elettorali che hanno portato un estremista di destra a guidare un paese a tradizione socialista.
Un evento importante soprattutto per l’Italia, verso la quale il presidente Bolsonaro ha mostrato ampio consenso a proposito della linea politica del governo Lega-5 stelle.
Una simpatia condivisa anche dal vice-premier e Ministro dell’interno Salvini, specie dopo la cattura e l’estradizione di Cesare Battisti, alias “il pacco di Natale”.
Aldilà della terminologia da romanzo di Mario Puzo, il vertice di Davos sarà anche l’occasione per il primo incontro ufficiale tra Bolsonaro e il Premier Giuseppe Conte che, assieme al Ministro dell’economia Giovanni Tria, parteciperanno, assieme al Commissario Europeo Pierre Moscovici, a un dibattito sulla crescita europea.
Il summit nella cittadina dei Grigioni sarà lo scenario per il primo incontro tra due “stelle nascenti” della politica mondiale Bolsonaro e Conte, dopo la vicenda Battisti e ci si chiede quale sarà il futuro delle relazioni con il grande continente sudamericano, dopo lo tsunami che ha investito, economicamente e politicamente, l’intero asse atlantico.
Nel frattempo il presidente Bolsonaro ha già iniziato la sua politica, incentrata sul diritto alle armi, l’industrializzazione e soprattutto la “lotta ai diritti dei nativi e degli Indios”.
Una battaglia che non necessita di utilizzare la forza militare, perchè si esplica sul piano della privatizzazione terriera forzata. Uno dei decreti stipulati da Bolsonaro, ha tolto infatti il diritto allo sfruttamento dei territori abitati da circa 900.000 indios appartenenti a diverse comunità amazzoniche e gestite dalla Fondazione Nazionale per gli Indigeni, per affidarla al nuovo ministro dell’Agricoltura Teresa Cristina, leader del gruppo parlamentare “ruralista” da sempre a sostegno degli interessi dei latifondisti.
Sulla falsa riga di ciò che avvenne qualche decennio fa anche da noi, il Brasile che guarda al futuro ha già iniziato a minacciare i nativi e le masse operaie, favorendo l’occupazione abusiva dei grandi latifondisti.
Tutto questo accade al margine di un vertice che vede grandi assenti come Trump, Macron e Theresa May e tende le fila di un’élite planetaria, sempre più piccola ma sempre più ricca.
Secondo i dati del dossier sulle disuguaglianze globali, pubblicato da Oxfam, in questo momento esistono circa ventisei super miliardari il cui patrimonio e pari al reddito di 3 miliardi e 800 milioni di poveri.
La ricchezza di 1.900 miliardari censiti nell’ultima lista stilata dalla rivista Forbes è aumentata di 900 miliardi di dollari, l’1,2 per cento rispetto a un anno prima, mentre la povertà è cresciuta dell’11 per cento; questo è un dato preoccupante, ma purtroppo non sembra essere tra le prerogative centrali del vertice di Davos, né tantomeno di coloro che guardano con fiducia ai vari Bolsonaro che si affacciano sulla scena internazionale.
Fausto Bisantis