Bolsonaro trasferirà l’ambasciata brasiliana a Gerusalemme. Il presidente brasiliano annuncia di voler mettere in pratica quanto promesso in campagna elettorale, e di seguire l’esempio di Trump.
Ma, così come la decisione di Trump provocò rivolte in Palestina e la disapprovazione dei Paesi arabi, anche in questo caso il leader brasiliano dovrà affrontare l’opposizione di questi Paesi, i quali hanno minacciato di rivedere le relazione commerciali col Paese sudamericano.
La visita di Nethanyahu
La decisione è presa. Dobbiamo soltanto definire quando sarà messa in pratica
Così il presidente israeliano Benjamin Netanyahu, aggiungendo pure che durante la sua visita in Brasile, Jair Bolsonaro gli aveva confermato ciò che aveva annunciato durante la sua campagna elettorale, e che rimaneva da definire soltanto la data.
Inoltre, il leader israeliano si era recato nel Paese sudamericano principalmente per l’insediamento del suo omonimo, e tuttavia questo gli ha permesso di avere altri incontri con altri leader della Regione, come il presidente dell’Honduras Juan Orlando Hernandez, col quale ha parlato della medesima questione: lo spostamento dell’ambasciata honduregna a Gerusalemme.
Chi vuole il trasferimento dell’ambasciata a Gerusalemme
Finora i Paesi che hanno trasferito la propria ambasciata nella Città Santa sono stati Guatemala, Stati Uniti e, in poco tempo, anche l’Australia. Un gesto simbolico per riconoscere Gerusalemme come vera capitale di Israele, ma molto pericoloso per l’instabilità della regione e per la delicata questione palestinese.
Ma perché questi Paesi e non altri?
Si può notare che in USA, Guatemala, Australia è presente un forte elettorato evangelico. E le Chiese evangeliche politicamente sono a favore di Israele e, di conseguenza, favorevoli a riconoscere la Città Santa come sua capitale. Il nesso tra questo fatto e l’elezione del neopresidente brasiliano è semplice: così come aveva facilitato la vittoria di Trump. l’elettorato evangelico ha facilitato l’elezione di Bolsonaro.
Quest’ultimo dichiara, che questa sarà solo una delle tante promesse fatte in campagna elettorale che vedrà presto una sua realizzazione. Bolsonaro, infatti, ha già annunciato tagli alla spesa dell’assistenza sanitaria per gli indigeni, lo sfruttamento dei territori riservati a loro e l’esclusione esplicita dei diritti delle persone LGBT dal nuovo nuovo ministero delle Donne, della Famiglia e dei Diritti Umani.
Tutto questo mentre il mondo continua ad osservare il graduale ritorno di un governo ostile a quasi tutte le minoranze sociali e della loro conseguente violazione dei loro diritti umani.
Domenico Di Maura