Bolsonaro & Co – La situazione della Foresta Amazzonica riecheggia tra i media ed il vociare sterile; eppure Bolsonaro è solo la punta dell’iceberg.
Come si può intercedere con un leader politico come Bolsonaro, quando buona parte dei “residenti amazzonici” lo sostiene? Perché questa è una realtà più che tangibile, anche se non è ciò che arriva dall’esterno; soprattutto, è una realtà a cui non fa piacere sottostare, dato che il suddetto leader è considerato una sorta di antagonista a livello mondiale.
Sfortunatamente, la buona creanza di alcuni rappresentanti politici è legata anche a un interesse specifico, questo lo abbiamo imparato più volte a nostre spese. Per cui, quando Macron viene citato come portavoce di una rappresaglia coloniale, il discorso ha perfettamente senso. Bolsonaro, nella sua smania tirannica, ha perfino ragione, nonostante al momento non siano gli interessi politici a dover fare da padroni.
Difatti la Francia, come molte altre, ha alle spalle una storia di depredazione territoriale tutt’altro che fantascientifica. Certo, si può contare sulla buona fede del presidente francese, perché no? Non lo escludiamo, ma sottolineiamo quanto questa possa delinearsi come l’ennesima favoletta e che, in realtà, la Foresta Amazzonica sia l’ultimo dei pensieri francesi.
Una cosa è certa: in territorio Brasiliano il leader ha un seguito eccome; specialmente per chi abita nel polmone verde, legato fortemente al proprio sostentamento economico e che disdegna un’eccessiva salvaguardia ambientale. Un irrigidimento delle regole di tutela potrebbe significare un impedimento nella gestione interna, come l’esportazione di manzo e soia, ad esempio.
Le statistiche riportano un bel 52% di votanti legati all’ultra destra di Bolsonaro, parte dei quali residenti negli stati settentrionali comprendenti l’Amazzonia; si può dire, inoltre, che il problema del polmone non sia certo iniziato una settimana fa, ma che in realtà legato a fatti interni ben più complessi. Una mancata gestione e il solito interesse economico rende anche Germania e Norvegia protagonisti precedenti all’operato del leader brasiliano.
Si parla infatti di un taglio delle sovvenzioni annuali all’Amazon Fund, causa il licenziamento del direttore Inpe (l’ente dedito allo stato della foresta amazzonica) per aver diffuso dati relativi alla deforestazione di pochi mesi fa: 465 ettari in Mato Grosso solo a febbraio.
Come al solito, il panorama è sempre molto più ampio e puntare il dito su un solo responsabile è si, più semplice, ma meno corretto. Al momento non è chiaro se Bolsonaro accetterà o no i fondi del G7, poiché attualmente occupato con questioni che definirei da “pappappero”: insulti alla moglie di Macron, pretesa di scuse da parte del leader brasiliano; insomma, momenti nuovamente imbarazzanti per l’intero panorama mondiale e decisamente fuori luogo in un frangente in cui il tempo stringe.
Una cosa è certa: biasimare le aspre difficoltà in cui incombono i residenti amazzonici è difficile. La minaccia ambientale è certamente l’argomento principe che attualmente pende sulle nostre teste e su questo non si discute; è altrettanto complesso, tuttavia, far si che tutti comprendano la gravità di quanto accade. Distrarre cioè famiglie e agricoltori dall’unico interesse di sostentamento personale.
Le figure politiche sono le prime ad avere forti responsabilità, certo, ma solo da un punto di vista gestionale: loro sono pur sempre lo specchio dei votanti. Se Bolsonaro ritiene fuori luogo accettare aiuti esterni, resterà comunque un’opinione appoggiata da chi si riflette nella sua ideologia politica.
Dato di fatto è che la pressione umana sull’ambiente ha un che di naturale e storico; perfino alcuni dati dello scorso anno sottolineavano un quadro interessante dedicato alla foresta pluviale. Altrettanto palese, però, è stato il mancato controllo di questa interazione nel corso dei secoli, per motivi di facciata o progressisti che siano. La solita e paradossale questione direttamente proporzionale: all’aumentare delle consapevolezze sul dramma ambientale è aumentata anche la noncuranza.
O forse, anche se poco professionali, i termini “menefreghismo” e “incoscienza” appaiono decisamente più calzanti.
Eugenio Bianco