Bloccanti della pubertà: il parere del Comitato nazionale di bioetica

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Il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) ha risposto a un quesito del Ministero della Salute sull’utilizzo dei farmaci bloccanti della pubertà nei minori con disforia di genere, sollevando dubbi etici e scientifici. In particolare, il parere evidenzia la necessità di approfondire studi e ricerche su dosi e trattamenti di questi farmaci nei corpi dei minorenni che non si riconoscono nel sesso biologico con cui sono nati. In particolare, la triptorelina è un farmaco che blocca temporaneamente la pubertà, offrendo alle persone transgender il tempo per riflettere sulla propria identità di genere. La questione divide l’opinione pubblica, coinvolgendo argomenti scientifici, medici ed etici.

Una revisione necessaria: la posizione del CNB

Dopo aver consultato esperti e analizzato la letteratura scientifica, il CNB ha evidenziato l’insufficienza dei dati disponibili sull’uso dei bloccanti della pubertà. Il Comitato ha raccomandato al Ministero della Salute di finanziare studi clinici indipendenti per approfondire gli effetti dei farmaci come quelli che fa la triptorelina.

Gli studi condotti finora sono stati definiti “carenti”, e secondo il CNB è necessario adottare rigorosi standard scientifici, come gli studi randomizzati in doppio cieco, per ottenere risultati più affidabili.

Il parere del CNB, approvato quasi all’unanimità con 29 voti favorevoli, 2 astensioni e 1 voto contrario, ha sottolineato che la prescrizione della triptorelina deve avvenire solo in casi ben documentati e come ultima opzione, dopo il fallimento di percorsi psicoterapeutici o psichiatrici. L’eventuale somministrazione dovrebbe essere limitata a contesti sperimentali controllati e può continuare solamente se non viene riscontrato alcun impatto negativo sul benessere psicofisico del soggetto che assume il farmaco.

Da un punto di vista etico, il CNB ha confermato che l’assunzione di eventuali farmaci bloccanti della pubertà non sono raccomandati: secondo i membri del Comitato, ci sono molti rischi nell’intraprendere un percorso durante la minore età verso la transizione di genere. Questo può infatti compromettere alcune delle funzionalità fisiche, come la capacità di essere biologicamente fertile.

I rischi e i benefici: una questione controversa

Uno degli aspetti più critici sollevati riguarda l’incertezza sul rapporto tra rischi e benefici del farmaco. Secondo il CNB, molti degli effetti fisici della triptorelina, come la compromissione della fertilità, possono essere irreversibili, rendendo problematico l’utilizzo su pazienti minorenni. Questo è particolarmente rilevante, considerando che molte persone che iniziano il percorso di transizione in giovane età potrebbero cambiare idea nel tempo.

Parallelamente, diversi membri del Comitato hanno espresso un’opposizione etica all’idea stessa di permettere la transizione di genere ai minorenni. In una dichiarazione allegata al parere ufficiale, 15 membri hanno ribadito la necessità di un approccio più prudente, sottolineando come i cambiamenti fisici irreversibili non siano compatibili con la maturazione psicologica ancora in corso durante l’adolescenza.

Il contesto internazionale e la posizione italiana

Il dibattito sulla triptorelina si inserisce in un contesto internazionale in evoluzione. In alcuni paesi, come il Regno Unito, l’utilizzo dei bloccanti della pubertà è stato recentemente sospeso in attesa di ulteriori studi, a causa delle lacune nelle conoscenze scientifiche sugli effetti a lungo termine. In Italia, il Ministero della Salute ha chiesto al CNB di valutare non solo l’efficacia del farmaco, ma anche le implicazioni etiche legate alla sua somministrazione.

Il CNB ha anche sollecitato la creazione di un registro nazionale per monitorare l’uso della triptorelina, al fine di raccogliere dati più completi e omogenei. Tale strumento potrebbe essere utile non solo per scopi di ricerca, ma anche per garantire una maggiore trasparenza e sicurezza nell’utilizzo del farmaco.

Aspetti scientifici: come agisce la triptorelina

La triptorelina è un agonista del GnRH, un ormone prodotto dall’ipotalamo che regola la produzione degli ormoni sessuali da parte delle gonadi. Somministrata in modo continuo, la triptorelina interrompe il normale rilascio pulsatile del GnRH, bloccando temporaneamente la produzione di estrogeni e androgeni. Questo processo, reversibile con l’interruzione del farmaco, sospende lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari durante la pubertà.

L’obiettivo principale dell’utilizzo della triptorelina è offrire ai giovani con disforia di genere il tempo di esplorare la propria identità senza il peso di cambiamenti fisici irreversibili.

Identità di genere e transizione: una realtà complessa

La disforia di genere è il disagio causato dalla discrepanza tra il sesso biologico e l’identità di genere percepita. Le persone transgender, che si identificano in un genere diverso da quello assegnato alla nascita, spesso intraprendono percorsi di transizione che possono includere terapie ormonali e interventi chirurgici. Il percorso è complesso e richiede una valutazione multidisciplinare, soprattutto quando si tratta di minorenni.



Negli ultimi decenni, studi scientifici hanno suggerito che alcune aree del cervello delle persone transgender possono essere più simili a quelle del genere percepito piuttosto che al sesso biologico. Queste scoperte hanno contribuito a legittimare il percorso di transizione, ma non hanno risolto i dubbi etici e scientifici legati all’utilizzo di farmaci come la triptorelina.

Una decisione da ponderare

Il parere del CNB, pur non vincolante, rappresenta un importante contributo al dibattito sull’uso della triptorelina nei minori. Mentre il Comitato riconosce la necessità di approfondire le conoscenze scientifiche, ribadisce anche l’importanza di un approccio prudente e multidisciplinare. La decisione finale spetta ora al governo, che dovrà valutare se finanziare nuovi studi e come regolamentare l’utilizzo di questo farmaco.

In un contesto così declinato, le istituzioni sanitarie e politiche hanno un ruolo fondamentale nel garantire l’accesso alle cure adeguate per le persone transgender, ma devono anche assicurare che le decisioni siano prese nel migliore interesse dei minori.

La questione rimane complessa, intrecciando scienza, bioetica e diritti individuali. Qualunque scelta sarà inevitabilmente influenzata dalle diverse sensibilità culturali e politiche che caratterizzano il dibattito sulla disforia di genere e sui trattamenti associati.

La questione della disforia di genere e dell’utilizzo della triptorelina è complessa e multisfaccettata. Non esistono risposte semplici o univoche. È fondamentale trovare un equilibrio tra il diritto alla salute e all’autodeterminazione delle persone transgender e la necessità di tutelare i minori. Un approccio attento, basato sull’evidenza scientifica e sul rispetto dei diritti umani, è fondamentale per garantire il benessere di tutti.

Oltre alle narrative proposte dai gruppi pro-vita, religiosi e tradizionalisti, è importante dire che la disforia di genere è una condizione medica riconosciuta dall’OMS. Negli ultimi anni, si è affermata la necessità di garantire alle persone transgender il diritto alla salute e all’autodeterminazione. Nel caso dei minori, la questione è più complessa, poiché la capacità decisionale è limitata e richiede un coinvolgimento attivo dei genitori e dei tutori.

Lucrezia Agliani

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