Blasfemia e libertà di espressione

La blasfemia è un reato che limita la libertà di espressione

Le religioni sono così tante che, prima o poi, nel parlarne si finirà per offendere qualcuno. Il rapporto tra blasfemia e libertà di espressione rischia così di essere sbilanciato a favore di un terzo elemento, la tutela del sentimento religioso. 

Alla base delle leggi che puniscono la blasfemia sta l’idea che la libertà d’espressione vada limitata per non offendere il sentimento religioso altrui. Il concetto stesso di blasfemia e di Leggi contro la blasfemia (Blasphemy Laws)è senz’altro vago. Le punizioni, poi, variano moltissimo, partendo da sanzioni pecuniarie più o meno salate per arrivare alla condanna a morte. In altri casi sono i fanatici religiosi ad anticipare i tempi della giustizia, procedendo anche a mitragliare o decapitare i blasfemi di turno.

Ad essere tirata in causa, in ogni modo, è la libertà di religione, caposaldo delle costituzioni delle democrazie liberali, citata espressamente anche nell’articolo 18 della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.

Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti

Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, art.18

Chi crede che la blasfemia vada punita (e cioè la maggioranza dei credenti) confonde tuttavia la tutela della libertà di culto con la tutela del sentimento religioso. Che tra l’altro nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo non è neanche citata, e per più di un motivo.

Tutela del sentimento religioso vs. libertà di espressione

Il primo motive è che la religione è un’ideologia. Chi è convinto del contrario ha l’onere di dimostrare che esistano differenze, ad esempio, tra il Cristianesimo da una parte ed il Socialismo o il Liberalismo dall’altra: tutti e tre sono sistemi ideologici suddivisi in varie correnti e con un certo numero di sostenitori, e con chiare linee programmatiche. Inoltre, criticare o insultare le ideologie  è senz’altro possibile. Se insultare la religione cristiana è un reato d’opinione, allora dovrebbero esserlo anche gli insulti al capitalismo, o al socialismo reale, o al neoliberismo, o al progressismo. In sostanza, finirebbero quasi tutti in tribunale.

Un secondo motivo è che di religioni ce ne sono talmente tante (e ne nascono di nuove in continuazione) che tutelare il sentimento religioso di tutti è impossibile. E nel farlo si rischia di mettere i credenti di una religione contro i credenti di altre, cosa che sistematicamente avviene nei paesi integralisti.

Infine c’è un terzo motivo, che dovrebbe almeno essere valido per i credenti: Dio è onnipresente ed onnipotente, il che vuol dire che ha tutti i mezzi per individuare l’autore di blasfemia e punirlo come crede. Un gioco da ragazzi, se si pensa che in passato ha sollevato mari, sommerso il pianeta e creato l’Universo.  Se il blasfemo la sfanga un motivo deve pur esserci. Forse Dio non si è offeso affatto? O magari ha in mente una punizione molto peggiore dopo la morte del mascalzone? O forse più semplicemente non esiste? Chissà. E data l’incertezza, è quantomeno un eccesso di scrupolo creare reati ad hoc.

La blasfemia è un diritto

Il reato di blasfemia rappresenta un unicum: è forse l’unico reato in cui non solo la vittima non si presenta mai in tribunale, ma  non si sa neanche se esista. Di certo, negli ultimi secoli Dio non è mai sceso in terra per dichiararsi offeso da affermazioni che, nel frattempo, gli esseri umani si erano presi la briga di definire blasfeme e di punire con atrocità spesso inenarrabili.

Lasciamo agli Dei il compito di difendersi da soli, se lo ritengono necessario (e soprattutto se esistono). E rivendichiamo – da laici e da progressisti – il diritto alla blasfemia, che non è ovviamente dovere alla blasfemia.  Chi non lo riterrà opportuno potrà continuare ad esibire il massimo rispetto verso le istituzioni e i simboli religiosi. Ma i principi della democrazia liberale insegnano che non è giusto vietare i comportamenti che non piacciono. Ed è disonesto rifuggiarsi dietro al vittimismo per difendere le proprie credenze.

 

Simone Morganti

 

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