Black is back: come ogni anno, il post abbuffata del Thanksgiving trova nello shopping compulsivo del Black Friday una risposta compensatoria e appagante, almeno nel breve termine, alle ansie e ai disagi che scaturiscono dall’overflow di carboidrati e di parenti. Ma niente è lasciato al caso.
La storia del Black Friday ha infatti radici profonde e dà adito a diverse teorie. Quel che è certo è che segna la data di inizio dello shopping natalizio: il Black Friday 2019 è fissato per il 29 novembre.
Così come il Natale ormai inizia a fine ottobre, in rete e nelle strade dello shopping si respira aria di Black Friday già settimane prima del lieto evento (e continua anche giorni dopo la data stabilita). E non stiamo parlando di una festività nazionale segnata in calendario (anche se poco ci manca), ma di 24 ore di ode alla compulsività.
Sicuramente c’è chi riesce a farne buon uso, e mette questi 1440 minuti al servizio dell’economia domestica. Nella maggior parte dei casi però Black Friday significa assecondare quell’impulso guidato dalla convinzione di un qualsivoglia risparmio, reale o presunto.
Secondo gli analisti finanziari rappresenta un indicatore statistico della propensione ai consumi. Le ragioni che portano migliaia di persone in fila nei negozi sono, invece, oggetto di studi psicologici ben più complicati. Un’esperienza, quella dello shopping, conclamata per il suo originario carattere appagante e distensivo, si trasforma infatti in una lotta all’ultimo item disponibile, e spesso sfocia in situazioni di violenza e rabbia, ben lontane dallo spirito natalizio. Comprare, si sa, per alcuni può essere distensivo, e per altri addirittura piacevole. Farlo durante il Black Friday, però, acquisisce tonalità ben più cupe, che ben si confanno all’appellativo in uso. Coniugare il verbo “comprare” in base al piacere o alla necessità è già di per sé un dilemma. Scendere a compromessi lesivi della persona (propria o altrui) per avere l’oggetto del desiderio, in alcuni casi può essere indice di determinazione e caparbia, in altri di infelicità e insoddisfazione.
Dunque magari “Thank God, It’s Friday” è già abbastanza. Tenendo conto che, oltre al nero, esiste la possibilità di scegliere tra un’ampia gamma di sfumature.
Emma Calvellli