Il bitcoin fa ormai parte delle nostre vite, della nostra economia. Una delle valute più volatili che esistano sul pianeta, ma una grande risorsa di rivoluzione nel mercato finanziario, forse. Il bitcoin questa mattina ha perso “per strada” circa il 10% del suo valore, da un momento all’altro, ed è sceso fino a 12 mila dollari di valore.
Non c’è dubbio, il mercato è divenuto più nervoso e a peggiorare la situazione vi sono le notizie provenienti da Oriente, in particolare Cina e Corea del Sud riguardanti la volontà di stringere sempre più queste criptovalute.
Il bitcoin nella situazione cinese
Pechino sarebbe la città nella quale il governo cinese ha vietato ai propri cittadini di comprare e vendere criptovaluta. E le piattaforme che offrono servizi di trading centralizzato sulle criptovalute? A detta del vicegovernatore della People’s Bank of China, Pan Gongsheng, saranno anch’esse vietate a breve.
Lo yuan, moneta locale cinese, ha frenato così la sua unica possibilità di conversione in bitcoin. Il governo cinese per evitare problemi ha formalizzato e finirà di farlo a breve la chiusura di tutti i mercati exchange che vedono protagoniste in generale tutte le criptovalute.
E in Corea del Sud come è visto il bitcoin?
Seul, come Pechino per i cinesi, è la città coreana coinvolta nel freno che il governo ha voluto dare alla moda bitcoin. La criptovaluta in questione ha ottenuto un successo clamoroso in Corea, probabilmente anche troppo elevato rispetto agli altri paesi, basti pensare che lì vi è un quinto degli scambi di criptovalute a livello globale.
Problemi di evasione fiscale legati ai grossi volumi di scambio del bitcoin sono stati i maggiori problemi che hanno portato al blocco di tutte le piattaforme coinvolte in criptomonete.
Anche il trading sarà vietato a breve. La volatilità è un rischio per tutti, risparmiatori ed investitori, per il governo coreano non conviene imbattersi in un problema del genere.
Queste misure adottate fermeranno davvero il bitcoin in Corea del Sud? A livello nazionale forse sì, eppure rimane la possibilità, da non sottovalutare, di un ricorso online a exchange esteri.
Jacopo Pellini