All’indomani del Biotestamento: la legge, reazioni e critiche

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Giovedì 14 dicembre in Italia è stata approvata in via definitiva la cosiddetta legge sul testamento biologico, che si intitola “Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari” e che è composta da 8 articoli: introduce entro alcuni limiti il diritto all’interruzione delle terapie, che finora era esclusiva competenza dei tribunali.

Ebbene, l’articolo 1 stabilisce che la legge «tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona». Stabilisce che nessun trattamento sanitario possa essere iniziato o proseguito senza il consenso «libero e informato» della persona interessata.

In previsione di una futura incapacità a decidere o a comunicare, la legge permette anche di stabilire in anticipo attraverso le Disposizioni anticipate di trattamento (DAT) a quali esami, scelte terapeutiche o singoli trattamenti sanitari dare o non dare il proprio consenso. La legge considera trattamenti sanitari la nutrizione artificiale e l’idratazione artificiale.

La legge ribadisce che «nei casi di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati»

Ogni persona ha dunque il diritto di conoscere e comprendere la propria situazione e di sapere anche quali possono essere le conseguenze di un possibile rifiuto alle cure.

Se la persona coinvolta non vuole ricevere informazioni sulla propria situazione può indicare i familiari o una persona di fiducia incaricandola di ricevere tutte quelle informazioni o solo una parte di esse al posto suo e di esprimere di conseguenza al suo posto anche il consenso o il rifiuto.

Ogni persona ha il diritto di revocare «in qualsiasi momento» il consenso prestato, anche quando la revoca comporta l’interruzione del trattamento. Si ha il diritto, quindi, di cambiare idea.

Le DAT possono essere scritte a mano, al computer o video-registrate e in quegli stessi modi possono essere rinnovate, modificate e revocate in ogni momento. In caso di emergenza o di urgenza la revoca può avvenire anche oralmente davanti ad almeno due testimoni.

Le DAT vanno firmate davanti a un pubblico ufficiale, davanti a un notaio o in presenza di un medico del Servizio Sanitario Nazionale. Questi documenti sono esenti dall’obbligo di registrazione, dall’imposta di bollo e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa.

Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge si potranno inserire all’interno del fascicolo medico elettronico presente in numerose regioni o in un registro nazionale che sarà istituito. Le DAT andrebbero anche consegnate al fiduciario che ci si è scelto.

In presenza o in assenza di DAT la volontà del malato va rispettata. Al medico è garantita l’obiezione di coscienza, può dunque rifiutarsi di fare ciò che il paziente ha chiesto, ma la struttura ospedaliera deve in quel caso trovare qualcuno che garantisca il rispetto delle volontà del malato.

I minorenni sono esclusi da tutto questo, e il consenso informato è espresso da chi ha la responsabilità genitoriale o dal tutore. Va però tenuto conto della volontà della persona minore, «in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del medesimo, nel pieno rispetto della sua dignità».

Sono trascorsi forse, troppi anni, troppe ingiuste incriminazioni e troppe sofferenze inutili prima che il nostro Paese si accorgesse di quanto siamo stati arenati ad un concetto obsoleto di diritto alla vita.

Troppe persone, affette da gravi patologie, che anche per morire sono dovute andare via dalla loro casa.

Un Paese che ha dimostrato il senso di civiltà solo nel 2017, dopo la triste vicenda di Dj Fabo, e che ancora non vede tutti convinti; è il caso dei parlamentari cattolici che, nonostante la palese necessità del biotestamento, hanno votato contro e hanno esasperato i propri ideali.

Negli ultimi mesi il dibattito è stato contrassegnato da divisioni e accese polemiche, soprattutto da parte dei parlamentari della Lega e dei centristi, che vedono nella legge votata ieri dall’inedita maggioranza Pd-Cinque Stelle-Ala, un primo passo verso l’eutanasia legale.

I luterani si ritengono soddisfatti; sostengono che la nuova legge: “riconosce un principio fondamentale: quando la morte è inevitabile, è preferibile dare la priorità a una fine dignitosa rispetto a un artificiale prolungamento della vita“.



Commovente è stata la reazione di Emma Bonino in aula, in lacrime dinanzi all’approvazione, dopo dieci anni di discussioni, battaglie e strazio per riconoscere un diritto inviolabile dell’uomo: decidere quando e se morire.

Emma Bonino durante il voto ieri era a Palazzo Madama, a dividere la tribunetta d’onore con il papà di Luca Coscioni e con Mina, la moglie di Piergiorgio Welby, ovvero la storia di dieci anni di battaglia radicale sul fine vita.

Una battaglia senza sconti, fatta attraverso i corpi di uomini che non hanno voluto vivere fino in fondo una sofferenza che di sconti non ne faceva di certo. No, non è stata una battaglia come tutte le altre questa, a dispetto di ostacoli che giorno per giorno sembravano diventare sempre più insuperabili oltre che sempre di più numerosi.

Quanto tempo e quanta fatica per arrivare ad una legge di umanità. Come poter dimenticare quel dibattito insopportabile sul caso Englaro. Siamo arrivati tardi, ma ci siamo arrivati. 

Anna Rahinò

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