Cecco Angiolieri nacque vicino al 1260 circa. Morì invece sicuramente prima del 1313, lo attesta l’atto notarile del testamento riportante tale data (il quale ci dice anche che morì nella povertà più assoluta).
Della sua vita si sanno pochissime cose. Queste esigue notizie le si ricavano dalle sue rime, oppure dai numerosi documenti riguardanti le sue disavventure (ad esempio processi, risse o truffe nel quale fu frequentemente coinvolto).
Con tutta probabilità, la sua famiglia d’origine era ricca e di parte guelfa. Ma la vita da lui condotta non è da prendere come esempio. Sciupò l’eredità paterna e a quanto pare dimostrò verso i genitori vero odio.
Anche come padre i suoi comportamenti non furono di certo esemplari. Basti pensare che i suoi figli dovettero rinunciare alla sua eredità, questo in quanto la stessa risultava mutilata da grandissimi debiti.
Egli non era nuovo a praticamente tutti i vizi dell’epoca, “le donne, la taverna e i dadi“. Non è difficile immaginare che la sua fu un’esistenza tormentata e sregolata. La sua insofferenza verso ogni tipo di disciplina lo portò persino alla diserzione militare, a quanto pare venne processato due volte per tale colpa.
Così visse in diversi periodi tra Firenze, Roma e in varie località toscane; esiliato dalla sua natale Siena.
Come nella vita, fu anche un poeta controcorrente. Questo è visibile dai suoi sonetti, nei quali esce il ritratto di un uomo quasi senza valori e né affetti.
Come ci si aspetterebbe da un poeta controcorrente, Cecco fu polemico contro alcune dottrine poetiche del suo tempo. Prova di questo suo lato polemico sono i sonetti di risposta a Dante Alighieri, ormai famosissimi; in questi v’è una caricatura del dolce stil novo.
Egli è circondato da questa aura di “poeta maledetto“, per via dell’immagine che ci ha dato di sé in una raccolta di circa 150 sonetti. Nonostante questo, per la critica letteraria recente il suo sarebbe un “atteggiamento letterario” voluto e probabilmente costruito. Le sue poesie non sarebbero da interpretare come puramente autobiografiche, ma sarebbero da intendere come frutto di una poetica spesso esagerata (sia nelle immagini create che nei toni utilizzati) e volta a scandalizzare il lettore.
Claudio Sciarretti